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COCULLO – LA FESTA DEI SERPARI

 

di Stefano Di Palma

 

Un tempo la festa che onora san Domenico Abate nel Comune abruzzese di Cocullo si svolgeva il primo giovedì di maggio, ma a partire dal 2012 è stata assegnata al 1 maggio.

L’uso di rapportare il santo con i serpenti è antico ma le origini, i precisi agganci e le evoluzioni del processo che associa a Cocullo, e in Abruzzo in generale, il taumaturgo benedettino al serpente non trova concordi gli studiosi: il punto è che esso è innegabilmente da inserire in un contesto culturale molto più ricco, nel quale si è ravvisato un retaggio che include la credenza locale nella dea Angizia ed i temi della tradizione dei Marsi (compresi i riti dei serpari) che, profondamente modificati nel Medioevo, si associano al culto di san Domenico tra i secoli XIV e XVII.

Indipendentemente da ciò la facoltà del santo di controllare i serpenti è attestata in un episodio della sua vita trascritto nel secolo XI dove si narra della miracolosa trasformazione di pesci in serpi, quando, due disonesti monaci mandati dal loro priore a Trisulti, dove risiedeva l’abate Domenico, nascosero quattro dei pesci che erano stati incaricati di portargli in dono. Il santo nel congedarli li avvertì di non toccare i pesci che avevano nascosto e li fece scortare da due confratelli ai quali consegnò un bastone: giunti sul posto essi trovarono dei serpenti che, toccati con il bastone, tornarono ad essere pesci. La vicenda si conclude con il ritorno dei responsabili al cospetto di san Domenico, al quale li portarono in segno di pentimento per la loro cattiva azione.

La persona che è morsicata da serpe velenosa viene portata nella chiesa di Cocullo e segnata con la reliquia del sacro dente che lì si conserva. Secondo la tradizione gli abitanti di Cocullo pregarono con insistenza il santo, che aveva soggiornato per diverso tempo nel sito, di lasciare un suo ricordo da usare contro le molestie degli animali velenosi ed egli, portandosi la mano alla bocca, ne estrasse un dente molare e lo donò a loro. Oltre che proteggere dal veleno, la reliquia chiama in causa l’altro patronato per cui il benedettino è invocato, ossia le odontalgie. A tal proposito si ricorda che proprio a Cocullo, il giorno della festa, nella chiesa si usa suonare una campanella tirando la fune con i denti; l’altro rito conosciuto è quello della raccolta della terra nella zona dove si conserva la statua del santo: la terra sarà portata in casa e usata come protezione dagli influssi malefici, sparsa nei campi per allontanare insetti nocivi oppure essere sciolta nell’acqua e ingerita in caso di alta febbre.

Vera protagonista della giornata è la processione con la statua del santo che si compie a Mezzogiorno. Il simulacro viene interamente cosparso di serpenti e sfila lungo le strade di Cocullo: a seconda di come le serpi avvolgeranno la statua gli abitanti del paese trarranno buoni o cattivi auspici per il futuro (A. M. DI NOLA, 2001).

Si ricorda che all’evento ci si prepara per tempo visto che nel periodo che precede la festa alcune persone esperte, i “serpari”, si dedicano alla cattura dei serpenti con tecniche tramandate di padre in figlio. I serpenti (tutti non velenosi, visto che si tratta di specie come il saettone e la biscia) vengono custoditi in appositi contenitori e nutriti.

Nelle prime ore del mattino del giorno della festa i serpari si recano nella piazza di Cocullo con le serpi catturate ed esortano i turisti presenti a prendere confidenza con i rettili. Stemperato ogni imbarazzo e possibile repulsione, i visitatori si fanno immortalare con collane e bracciali di serpenti che li avvolgono. Al termine della processione, dove credenza e religione si incontrano annualmente, i rettili vengono liberati.

 

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