Degenerazioni - Memorie di un assassino

DeGenerazione – memorie di un assassino: IV° Capitolo – Il suo punto debole…

DeGenerazione – memorie di un assassino
di
Marco Fosca ed Emilio Mantova

IV

Il suo punto debole…

Questo era il rapporto finale sul pedinamento del soggetto.

“Cerchiamo di descriverlo nei dettagli: corporatura longilinea e leggermente curva; spalle cadenti come se sopportasse un peso sulla spina dorsale; viso lungo, aristocratico; colorito pallido, quasi bianco; fronte tipica di una persona sveglia e intelligente, ostinata nelle sue apparenti certezze; capelli neri e lisci; gli occhi, tondi di un color nocciola, filtrati da occhiali con montatura leggera; occhi che sembrano indifferenti a tutto ma, osservandoli attentamente, s’intravede determinatezza: sono fissi, come se debbano non tradire mai la minima spontaneità.

Non c’è niente di più facile che spiare un uomo come l’ingegnere Autori. È una persona abbandonata completamente alla soddisfazione di desideri (sembra, infatti, un tossico dipendente dai suoi istinti sessuali deviati). Per questo è spinto a commettere molte leggerezze. Non si cura di nascondere la sua doppia vita. La sua leggerezza è il suo punto debole, un motivo di possibile ricattabilità. Ecco perché dicevo che non c’è niente di più facile che spiare un uomo come l’ingegner Autori. Son sicuro che a lui non viene in mente che qualcuno lo spii e rediga un rapporto sulla sua discutibile vita. Comunque è già attenzionato. Probabilmente è tenuto sotto controllo dalla multinazionale per cui lavora. Ma è gente di primo pelo che se ne occupa, e con poca esperienza. Scagnozzi al primo incarico. Il perché di questa apparentemente discutibile scelta della multinazionale S.I.M.? Nulla di sorprendente: sono più facili da gestire e non c’è il rischio che facciano il doppio gioco nei confronti dell’azienda.

Riguardo la parte contorta dell’ingegnere Autori, posso citare l’episodio avvenuto al parco nel quadrante B19, un segno emblematico della sua dissociazione. Fino a qualche ora prima spiccava nei salotti buoni del consiglio di amministrazione della società, davanti allo splendido bancone della gran sala degli aperitivi ufficiali. Una sala arredata con mobili ben conservati di antiquariato di inizio ottocento. Immerso e completamente a suo agio tra giovani ereditieri e industriali di terza e quarta generazione. Discorsi disinteressati si succedevano tra liquori dorati in una giornata apparentemente dorata, dove tutto brillava. Ebbene, l’ingegnere ha la straordinaria capacità di passare con disinvoltura da queste situazioni ad altre, ben diverse. Un particolare che mi fa pensare… Prima sta seduto, come dicevo, su una poltrona di pelle con un calice di cristallo dorato nella mano destra e poi lo si ritrova su una panchina consunta del parco suddetto, dove nella sua mente distorta si figurano infinite possibilità sessuali tra le gobbe dei prati desolati e i grandi alberi secolari. L’episodio è questo: io stavo dietro una siepe qualche metro alle sue spalle con a guinzaglio un cagnolino per passare inosservato, mimetizzandomi come un anonimo e qualunque cittadino borghese a passeggio con il suo fido. Ecco che vedo passare per il viale centrale un ragazza, una moretta dall’aria gentile e innocente, vestita a buon mercato. Poteva avere diciotto anni al massimo. L’ingegnere sembrava nervoso a giudicare da come girava la testa prima a destra e poi a sinistra come davanti a una partita di tennis. All’improvviso si sbottona i calzoni e si afferra il membro prendendo a masturbarsi freneticamente attendendo ansioso che lo sguardo della ragazza ricada su di lui. Davanti quella scena assurda (a cui presto mi sarei abituato) ho avuto la sensazione che l’ingegnere desiderasse lo sguardo e l’attenzione della ragazza su di lui intento nell’atto della masturbazione. Ma questo non è avvenuto e, allora, l’ingegnere subito dopo, deluso, si è riabbottonato i pantaloni. Tutto il resto di quel pomeriggio è poi rimasto ad aspettare paziente un altro possibile sguardo di qualche giovane ragazza. Ma il pomeriggio ormai stava finendo e nessun’anima si è fatta viva tra i ciottoli del vialetto del parco ormai pressoché deserto. Per qualche giorno, sempre dopo l’aperitivo di lavoro del pomeriggio, l’ingegnere ha continuato a frequentare il parco nella speranza di una soddisfazione esibizionistica. L’ho osservato attentamente e mi sono accorto che, per appagare il suo desiderio, gli è indifferente che se si tratti di ragazze bionde o brune o viceversa, di corpi grassi o di figure magre. C’è però qualcosa che accomuna i soggetti che l’ingegnere prende di mira e che io, alla fine, ho capito dopo ore e ore d’osservazione: lo sguardo. Quello che cerca è lo sguardo, più precisamente la purezza e l’ingenuità dello sguardo. Probabilmente perché tali caratteristiche nella sua mente contorta esaltano l’infamità del gesto alimentandone il piacere. Ma è una mia personale teoria.”

Il rapporto proseguiva descrivendo in maniera particolareggiata gli episodi avvenuti al campo nomadi, per poi terminare con le mie considerazioni finali: “Il soggetto è controllato, molto probabilmente dai vertici della multinazionale per cui lavora. Presenta una personalità sdoppiata e questa caratteristica lo rende debole e particolarmente ricattabile; caratteristica evidentemente di grande importanza per i vertici della multinazionale. Quale può essere il fine di sorvegliare il soggetto? Il motivo è semplice a mio parere (tento delle conclusioni personali): raccogliere elementi utili per avere il dominio del soggetto e usarlo a piacimento. Probabilmente un futuro comodo capro espiatorio, a cui attribuire, quando o qualora ci sarà la necessità, responsabilità aziendali molto gravi. Quali? Quelle, per esempio, riportate su tutti i giornali: Il sito milanese della Beverages Italia s.p.a., dopo essere stato acquisito dalla multinazionale S.I.M. e aver visto anni di pessima gestione manageriale dell’azienda, ha annunciato il licenziamento dell’intero quadro dipendente dopo la sottoscrizione di un verbale di mancato accordo tra azienda e sindacati. L’ingegnere attualmente ricopre il ruolo di amministratore delegato della Beverages Italia per conto della multinazionale.”

Il quadro era apparentemente chiaro. Dico apparentemente, perché l’unica cosa che non mi tornava era il suicidio del dott. Emiliano Refice, noto chimico che lavorava nel settore ricerche della Beverages. Mi ci ero imbattuto casualmente leggendo i giornali locali. Suicidio attribuito allo spettro del licenziamento; almeno questa era la versione riportata sui quotidiani:

Si è tolto la vita un lavoratore di 42 anni della Beverages Italia spa originario di Benevento. Si è impiccato nella sua abitazione, in località San Giorgio, nei pressi dell’omonima chiesa. L’insano gesto sarebbe stato messo in atto nella serata di martedì scorso. Immediato l’intervento dei carabinieri. Il dott. Emiliano Refice, a detta di qualche conoscente, era una persona introversa e difficilmente lasciava trapelare le sue emozioni. Nella sua abitazione sono stati trovati numerosi ritagli di articoli di giornale che trattavano la vicenda dei disagi dello stabilimento in cui lavorava da otto anni. Questo non lascia dubbi sul fatto che il suicidio sia legato al malessere provocato dal possibile spettro del licenziamento. Intanto la salma è stata trasportata presso l’obitorio e messa a disposizione dell’autorità giudiziaria. Nelle prossime ore si procederà all’esame necroscopico.”

Il punto che non mi tornava era: perché l’illustre chimico avrebbe dovuto suicidarsi a causa di un licenziamento? Un uomo come lui di certo non avrebbe avuto problemi a trovare un altro impiego. A questa domanda non riuscivo a dare una risposta.

 

La faccenda dell’ingegner Autori aveva avuto inizio quando un delegato sindacale della Beverages Italia spa di Milano riuscì a mettersi in contatto con l’organizzazione di cui faccio parte. La Beverages fino a qualche tempo prima era l’industria numero uno in Europa per quanto riguarda il settore della produzione di bottiglie in plastica. Per dare un’idea della quantità di bottiglie che immetteva sul mercato, se compravi una qualsiasi bevanda imbottigliata in plastica in Europa, la probabilità di poggiare le labbra su una bottiglia uscita dallo stabilimento Beverages erano circa del 70%. Un volume d’affari impressionante. Negli ultimi tempi però le cose si erano messe male per lo stabilimento milanese. Senza nessun motivo apparente la multinazionale S.I.M., che qualche anno prima aveva acquisito lo stabilimento, aveva deciso di chiudere i battenti.

Si decise, quindi, che sarei stato io a incontrarmi per primo con il rappresentante sindacale della Beverages Italia spa di Milano.