Degenerazioni - Memorie di un assassino Notizie

DEGENERAZIONE – MEMORIE DI UN ASSASSINO. XXVII CAPITOLO – ‘TRAFFICO DI ARMI’

Cap XXVII

TRAFFICO DI ARMI

 

La cosa era un po’ complicata. Dovevamo entrare arrivare allo studio privato ed eliminare Vittorio Cerchi con tutti i suoi clienti, per poi uscire indisturbati ed illesi, attraversando una serie di stanze collegate alla sala di sorveglianza. Valeria sembrava ottimista e si fidava di me e del mio piano, io speravo di non deluderla. Studiammo una lista orientativa degli invitati e dei veicoli che avrebbero avuto a disposizione, la passai ad un esperto che avrebbe dovuto supportarci nell’operazione. Dopo aver ripassato punto per punto le fasi, Valeria fece la telefonata che ci avrebbe messo in gioco. Chiamò Cerchi e gli disse che sarebbe andata alla festa per tornare a lavorare con lui ma lo informò che avrebbe dovuto mandare Riccardo, il suo tirapiedi, a prenderla con l’auto. Le successive venticinque ore le passò in una visibile tensione che la tenne sveglia di notte. Io uscii per fare le mie mosse e procurarmi l’attrezzatura di cui necessitavo, e mi feci vivo solo due ore prima del contatto con Riccardo. Bevemmo e fumammo insieme per sciogliere i nervi. L’appuntamento era a San Lorenzo in via De Gregori, difronte la Basilica, alle dieci. Lei era talmente elegante che se fosse passata per un cimitero, ne avrebbe resuscitato i morti. Quando Riccardo arrivò scese per avvicinarla ed io colsi l’occasione per infilarmi nell’auto di soppiatto. Accompagnandola le diede una pacca sul sedere come per ricordarle chi era e cosa le aspettava.

-eccoti qui cara Valeria, ma sei uno splendore… credo proprio che questa sera ti darai da fare non è cosi? Hai fatto bene a decidere di venire perché altrimenti avesti fatto una brutta fine, mooolto brutta… ha ha ha ha ha… adesso sbrigati e metti il culo in macchina troia-

La guardava come se fosse nuda e continuava a spingerla mettendo le sue luride mani sul sedere, ma Valeria non cedette e accusò tutto in silenzio, conscia di quello che sarebbe successo da li ad un minuto. Quando furono entrati entrambe sull’auto che cominciò a muoversi, sbucai dal sedile posteriore puntando il mio coltello alla gola di quell’imbecille.

-continua a guidare e non fiatare, gira a destra in via de’ Ginori poi a sinistra in via Taddea, bene ora accosta a sinistra in via della stufa e scendi.-

-state commettendo l’ultimo dei vostri errori e se…-

Lo colpii violentemente all’orecchio con il manico del coltello perforandogli un timpano

-silenzio idiota ti avevo detto di non parlare, forse non hai capito bene la situazione ma sei tu che hai commesso l’ultimo degli errori picchiando Valeria… ora passale chiavi e scendi-

Estrassi la pistola silenziata per fargli capire che era meglio non fare sciocchezze. Lo conducemmo nell’appartamento che avevo lì. Lo feci spogliare, lo legai alla sedia e cominciai a prendere il calco del suo volto. Una volta assunto le sue sembianze si passò all’apparato simulatore vocale. Indossai i suoi vestiti e quando mi parai di fronte a lui non credeva ai suoi occhi. Io ero lui.

-sei stupito?-

-Cosa… ma che diavolo… Hai la mia faccia e la mia voce… come…-

-mi spiace non sono il diavolo carogna bastardo schifoso, sono un agente della Killer Karman e tu sei stato giudicato di crimini contro gli uomini… Valeria se vuoi dire qualcosa…-

-chi cazzo sei… che cazzo è la Killer Karman… Valeria brutta troia che cazzo hai combinato… ti taglio quella cazzo di faccia e ti faccio prostituire con gli extracomunitari gratis cazzo… siete finiti nella merda liberatemi subito oppure giuro…-

In uno scatto d’ira Valeria diede un rovescio al volto di Riccardo segnandogli la faccia con l’anello

-no, sei tu… e se ancora non l’hai capito oggi tocca a te… a voi… morirete tutti stanotte… Francesco fai fuori questa bestia-

Come da prassi gli sparai due pallottole al cuore ed una in testa. Valeria non fiatò nemmeno. Chiamai una squadra di cancellazione e tornammo in macchinina. Passammo a prendere lo specialista, un certo Giuseppe Caringi, era il migliore nella fabbricazione di ordigni esplosivi, nonché specialista SA di terzo livello. Il compito di Giuseppe era di applicare delle cariche alle macchine dei clienti di Vittorio Cerchi che si sarebbero detonate con l’accensione del veicolo. Arrivammo alla villa. La guardia al cancello non sospettava minimamente di chi stesse facendo entrare, scambiandomi giustamente per Riccardo.

-come si chiama l’uomo al cancello Valeria…-

-si chiama Alessandro…-

-hey Alessandro ascoltami bene perché te lo dirò una sola volta, quest’uomo è stato chiamato dal boss per controllare tutte le auto nel parcheggio in caso ci fossero microspie, se avrà dei problemi con qualcuno della sicurezza o se anche lo guardassero storto passerete un brutto quarto d’ora  con Cerchi hai afferrato?-

-si si Riccardo avviserò immediatamente tutti gli uomini della sorveglianza conti su di me-

-bene ragazzo, ottimo lavoro-

Entrammo nell’area parcheggio e nei ruoli.

-mi raccomando Giuseppe fai del tuo meglio come al solito e appena finito ritorna in macchina e stai pronto a partire, a luce spente metti in moto con i fari spenti… Valeria sangue freddo conto su di te… andiamo…-

Dovevamo essere rapidi. Dieci minuti raggio d’azione. Dentro fuori. Valeria ed io entrammo nel salone attraverso l’enorme porta di vetro e ferro placcato oro. Un enorme lampadario di cristallo sovrastava ed illuminava l’immenso salone d’ingresso pieno di gente che parlava, gesticolava e si dava delle arie come fossero alla casa bianca. C’erano solamente donne giovani. A sinistra il salotto dove gli uomini discutevano di affari, e sceglievano le ragazze, che con sguardi tristi vagavano e venivano toccate. Al piano di sopra c’era già chi si dava da fare, lo si notava dalla qualità di persone che salivano, coppie difformi e nessuno che scendeva. Una serie di odori si mescolava nella sala, sigari, alcool, profumi di marca che si scontravano con dopobarba scadenti. Era una vera e propria fiera della carne. Ci dividemmo. Il compito di Valeria era di piazzare una micro carica temporizzata in un vaso di fianco la scalinata che portava di sopra, dopodiché doveva cercare di avvertire più ragazze possibili di non salire sulle auto se fosse successo qualcosa. Intanto io mi diressi nello studio privato di Cerchi. Si atteggiava, nel ricevere le persone, come fosse Marlon Brando nel film il Padrino.

-signore, ho portato Valeria posso farla venire?-

-certo certo caro Riccardo, molto bene, portala da me… ma… ti vedo un po’ strano… sicuro di stare bene? C’è qualcosa nel tuo sguardo che…-

-sono un po’ stanco ed ho dormito male questa notte…

-lo credo bene con quello che hai avuto da fare… a proposito hai concluso per quella partita di cocaina? Gli ospiti staranno scalpitando, ed io non voglio fare la figura dell’incompetente… deve essere tutto perfetto come sempre! E ricordati di pagare il maresciallo domani o altrimenti potremmo perdere il suo prezioso contributo per questi piccoli movimenti… anzi dovrebbe essere già di sopra. Vedi di fargli trovare i contanti a fine serata, meglio pagarlo subito! Tornerà a casa molto più contento e questo è un bene per gli affari…-

-tutto risolto signore… me ne occupo personalmente-

-ora portami quella stronza di Valeria. Mi sta causando solo problemi quella svampita… ma chi crede di essere… una vera modella? Ha ha ha ha… dai muoviti risolviamo subito la cosa-

-subito signore-

Mi ritirai e passando tra l’anticamera e il controllo ingressi, mi infilai nella stanza del quadro elettrico dove applicai la mia carica magnetica a tempo. Raggiunsi Valeria, la guardai negli occhi. Mi fece un cenno deciso col capo e ci avviammo verso lo studio. La lancetta correva. Entrammo nella stanza.

-ecco Valeria capo-

Cerchi si alzò di scatto strofinandosi le mani in segno di pregustazione di una vittoria, come stesse per mettere le mani su qualcosa di succulento. Si risedette.

-fatti vedere bene, avvicinati… vedi, non ci sono alternative a me Valeria, la tua vita è mia! Non c’è niente che tu possa fare per evitarlo ne convieni?-

Valeria sorrise tristemente  capo basso.

-il tuo sorriso mi dice che hai capito finalmente e che ti sei rassegnata, farò di te una grande modella ma dovrai prima fare tutto ciò che io voglio è chiaro? Se non ci tieni alla tua carriera fallo allora per la tua miserabile vita perché sappi che non ti ucciderò, ma ti userò a mio piacimento o ti venderò a qualche pappone dell’est che ti farà scomparire per usarti a suo piacimento… si credo che gli faresti guadagnare molti soldi! Perciò comincia ad obbedire, è meglio per tutti! Ho già promesso il tuo corpo ad una persona importante che farà la mia fortuna, e forse anche la tua se io vorrò, perciò non crearmi problemi… questa sera sono molto impegnato quindi non perdiamo tempo ora vediamo di testare la tua fedeltà, spogliati! Riccardo falla tua!-

Vittorio si alzò di nuovo e si diresse al mini bar che si trovava alle spalle della sua scrivania. Preparò un drink per godersi la scena, ma voltatosi vide che Valeria era ancora vestita.

-che fai brutta stronza spogliati immediatamente ho detto! Riccardo!-

Io mi avvicinai, guardai l’orologio, porsi degli occhiali a Valeria. Estrassi la pistola che puntava diritto alle cervella di quello stupido asino.

-se dici una sola parola sei morto!-

Mi tolsi la maschera che misi in tasca insieme al dispositivo vocale.

-io non sono Riccardo idiota sono un agente della Killer Karman e tu sei stato giudicato per crimini contro gli uomini… Valeria indossa gli occhiali a infrarossi …-

-ammazza questo cane!-

Nel contempo che esplosi le mie tre rituali pallottole scattò il timer dell’ordigno che neutralizzò le luci e tutti gli impianti legati alla video sorveglianza, dopodiché scattò quello nella sala che  con un esplosione controllata ma di effetto gettò tutti nel panico. Un semplice effetto scenico. Dalla porta adiacente allo studio entrarono subito cinque agenti addetti alla protezione personale di Vittorio Cerchi, ma disorientati dal buio non si accorsero nemmeno che li stavo decimando con la mia beretta silenziata che non produsse il benché minimo rumore. I corpi cadevano sotto i lampi che fuoriuscivano dalla canna. Presi Valeria per mano e a passo svelto raggiungemmo il portone d’ingresso. Mentre scendevamo le scale dirigendoci all’auto che ci aspettava, una dopo l’altra le vetture dei clienti di Cerchi esplodevano in sequenza, come le tessere di un domino, una dopo l’altra saltavano a catena carbonizzando i corpi di quei porci che tentavano di darsi alla fuga. Partimmo a gran velocità investendo la guardia all’ingresso, poi abbandonammo subito la vettura che Giuseppe portò da un demolitore, per ridurlo in un cubo di metallo compresso. Io e Valeria prendemmo un taxi e andammo a casa sua. Feci subito rapporto, poi dopo aver distrutto la maschera ed i vestiti di Riccardo ci facemmo una doccia e indossato abiti più comodi e comuni, uscimmo. Valeria non sembrava affatto scossa, anzi, era molto rilassata e felice, forse perché tutto si era svolto così rapidamente che non aveva avuto il tempo di realizzare che avevamo fatto una carneficina, poi anche perché così al buio non aveva visto il sangue vero schizzare, non aveva sentito il rumore vero di una pistola che urla e tuona in una stanza così forte da farti sobbalzare, o gli occhi di una persona che ti muore davanti… meglio così… forse non gli capiterà mai, non è detto che debba diventare una assassina… può darsi però che pur essendo una persona sensibile sia portata per questo genere di lavoro… non lo so… basta congetture mi rilasserò e mi godrò il resto della serata. Girammo un paio di locali e bevemmo senza porci dei limiti, ascoltammo del buon jazz e passeggiammo per il centro di Firenze. C’era un barbone che disegnava ritratti a matita in Piazza della Signoria e decisi di fargliene fare uno di Valeria. Era molto abile e veloce, aveva una lunga barba grigia, ed indossava una camicia sgargiante e mal ridotta del tipo hippie, una serie di collane artigianali ed una fascia sulla fronte di stoffa rossa che gli teneva la folta criniera ingrigita, in modo da non disturbarlo, quando si chinava per disegnare. Era un vero maestro. Lo pagai bene e gli lasciai anche qualcosa da bere. Andavamo in giro e le nostre figure ballavano nella notte a tempo della vita, ubriache e incuranti del mondo che ci girava attorno. Tornammo ragazzi. La luce cominciò a riaffiorare e noi non capivamo più niente. Non eravamo più Francesco e Valeria. Non eravamo niente, tutto era niente ed ogni piccola cosa infinita. Le ombre uscivano da sotto gli oggetti come se fossero state  nascoste, rintanate nell’attesa di un nuovo giorno. Le panchine si riempivano e gli uomini uscivano dalle loro case. Il silenzio della notte svaniva lentamente lasciando il posto ai rumori urbani. I ragazzi si riversavano sulle strade, le coppie si baciavano, i negozi alzavano le serrande dal rumore ferroso e ricoperte di graffiti moderni, i treni partivano e i telefoni squillavano… il vento fresco mattutino ossigenava l’aria carica di cemento e smog… la mutazione della vita e del pensiero aveva ripreso il suo corso. Credo che l’ultimo bicchiere lo bevemmo nel bar dove ci conoscemmo. Non ne sono sicuro. Salimmo a casa sorreggendoci a vicenda ridendo e facendoci segno di fare piano. Entrammo crollando sul pavimento, eravamo due vecchie spugne che si erano date decisamente da fare. Valeria cercò di riempire due bicchieri con del liquore ma praticamente versò tutto a terra e cominciò a bere dalla bottiglia. Io nel frattempo diedi fuoco ad una sigaretta mentre accendevo la radio ma non mi ero accorto che era al contrario, aveva un saporaccio. Arrivato a metà filtro mi accorsi dell’errore e la gettai a terra calpestandola, mentre Valeria rideva della scena. Mi porse la bottiglia e ne presi un gran sorso.

-non prendermi in giro-

Dissi. Le caddi addosso da vero ubriacone finendo di nuovo tutti e due sul pavimento ridendo ancora e ancora, poi lei cominciò a piangere e mi abbracciò forte quasi da staccarmi la testa. Mi baciò. La baciai. Facemmo l’amore. La radio commentava il rinnovato successo di un giovane statunitense:

“…un nuovo traguardo per l’artista Bob Dylan che questa settimana ha ricevuto una Laurea Honoris Causa in Musica dalla Princeton University, New Jersey… il nuovo album New Morning pubblicato dalla Columbia Records, lo ha portato per la sesta volta in cima alle classifiche inglesi…La canzone che ha avuto commercialmente più successo è If Not for You, riarrangiata anche dal Beatle George Harrison, ma ora vi lasciamo con un altro fantastico brano dell’album: The man in me…”

La cosa non mi era nuova ma non capivo perché, mi sembrava di rivivere un déjàvu. Ero totalmente catturato dalla situazione. La musica era fantastica e allo stesso tempo rilassante.

-Ti amo-

Mi sussurrò, fissandomi con i suoi luminosi occhi castani, mentre la musica e le parole da cui eravamo circondati sembravano essere composti per quella esatta situazione, per noi, e avvolgendoci ci incorniciavano come in un opera delicata e mai realizzata.

 

“L’uomo in me farà quasi tutto

e come compenso chiederà poco

Ci vuole una donna come te

per raggiungere l’uomo in me

Nuvole tempestose infuriano alla mia porta

penso fra me e me che potrei non farcela più

Ci vuole una donna con il tuo carattere

per cercare l’uomo in me

Ma, oh, che sensazione meravigliosa

sapere che tu sei vicina,

fa andare il mio cuore su e giù

dalla testa ai piedi

L’uomo in me a volte si nasconderà per non essere visto,

ma questo accade solo perché non vuole diventare una macchina.

Ci voleva una donna come te

per raggiungere l’uomo in me”.

 

-anche io ti amo Valeria…-

Ci svegliammo che era sera, dormimmo tutto il giorno. Quando ripresi conoscenza non ricordavo un granché. Aprii gli occhi e non c’era il soffitto come al solito. Mi voltai e c’era Valeria che dormiva sul mio petto, era nuda, ero nudo, eravamo nudi sul pavimento sotto il tavolo, mezzi coperti da un lenzuolo che avevamo tirato via dal letto disfacendolo grezzamente. Cazzo. Mi alzai per fare il caffè, mi misi il cappello ed accesi una sigaretta. Non so cosa mi diceva la testa in quel momento, ero ancora mezzo sbronzo e cercavo di capire come ero finito in quella situazione. Quando uscii dalla cucina notai che si era svegliata anche lei

-c’è ancora del caffè? La testa mi sta scoppiando… –

Le presi una tazza e sedemmo al tavolo sotto la quale avevamo, diciamo, dormito.

-non ricordo molto bene ma piano piano ritornano le immagini… tu ricordi?-

Dopo qualche secondo lei rispose.

-abbiamo portato a termine l’operazione poi siamo usciti per festeggiare… abbiamo bevuto molto e tu mi hai fatto disegnare un ritratto bellissimo, poi siamo tornati a casa…-

-ora ricordo, ti ho urtato e siamo caduti, tu hai cominciato a piangere… ma perché?-

-ero felice… felice di essere finalmente libera… per questo ti ho abbracciato-

-poi mi hai baciato però-

-anche tu-

-abbiamo fatto l’amore sul pavimento fino a crollare sotto il tavolo-

-tu mi hai detto che mi ami… non me lo hai detto solamente tra parentesi l’altro giorno, ma me lo hai detto chiaramente ieri notte fissandomi in volto… io ti amo… lo sai che ti amo, e non farò niente per costringerti a stare con me, solo, per favore pensaci…-

-non voglio nascondermi come un bambino perciò sappi che anche io ti amo… e credo di non pentirmi di quello che c’è stato tra noi ieri, anzi ne sono felice… però sai in che situazione mi trovo perciò fammi capire, ed andiamo avanti senza che tra noi ci sia dell’imbarazzo… torniamo ad essere noi…-

Mi alzai le andai vicino e la presi per mano facendola alzare, la baciai e la strinsi tra le braccia, poi tornai al mio appartamento dicendole che ci saremmo rivisti l’indomani a pranzo. Rincasando trovai una convocazione di Aprile, sicuramente si trattava della formale iniziazione a RPE ma credo ci fosse dell’altro. Il giorno seguente passai a prendere Valeria dal gioielliere, andammo a pranzo e le dissi della convocazione per cui saremmo dovuti partire nel pomeriggio. Questa volta l’incontro era a San Marino a Borgo Maggiore, in una casa di una ricca famiglia che ci appoggiava. Fummo ricevuti da un maggiordomo molto anziano e cortese che ci condusse alla sala dove eravamo attesi. Il consiglio dei sette era riunito attorno un tavolo in massello molto antico di forma ellittica in cui al centro spiccava la figura di Aprile. Valeria era visibilmente emozionata, anche se le avevo spiegato che si trattava di una formalità, che il luogo non dava decisamente ad intendere. Avanzammo e prendemmo posto.

-allora ecco qui la bellissima Valeria… abbiamo sentito parlare molto e molto bene di te… volevo inoltre congratularmi per la magnifica risoluzione della tua prima operazione anche se davo per scontato fosse andata così dato che sei assegnata e seguita dal miglior agente che abbiamo a disposizione… –

-la ringrazio signor Aprile, è tutto merito di Francesco… io non ho fatto quasi niente…-

-ma no, non essere così formale con me, qui siamo tutti uguali, niente padroni e niente re… io sono Aprile ok? Sono certo anche io che una bella fetta del merito va a Francesco, ma la mia esperienza sa dirmi quali sono state le tue difficoltà… posso benissimo immaginarle. Ora passiamo ad altro, come avrai capito questi uomini che ho attorno, compreso il nostro Francesco, anche se non è operativo al cento per cento, sono il consiglio dei sette, uomini necessari per coordinare l’immenso organismo che formiamo. C’è chi si occupa dei finanziamenti, chi dell’armamentario, chi gestisce le informazioni… insomma tutte dita di una mano che servono per creare un pugno… ora noi siamo qui riuniti per darti la nostra benedizione per il cammino che hai deciso di intraprendere, camminerai su una strada difficile da percorrere che sarà contorta e piena di ostacoli da superare in cui non mancheranno dei pericoli nascosti… tutto quello che ti chiediamo è di giurare fedeltà ripetendo la formula dei Killer Karman così che il rito sia concluso, più in la studieremo quale ruolo sia migliore per te nell’organizzazione, per ora rimane tutto com’è-

Posseduta dall’emozione Valeria prese un bel respiro, poi si alzò in piedi

-giuro fedeltà all’organizzazione e alla patria, finché il mio sangue correrà nelle vene dedicherò anima e corpo alla causa… difendere gli innocenti, difendere gli inermi, difendere l’Italia, difendere la libertà… giuro che la mano che tenterà di portarceli via sarà mozzata senza pietà… semper fidelis!-

Ci fu un applauso e poi uno alla volta gli uomini del consiglio si alzarono per andarle incontro e stringerle la mano augurandole una lunga vita libera, infine Aprile nominandola RPE. Io l’abbracciai semplicemente. Quando vidi che tutti ripresero posizione capii che c’era dell’altro. Aprile prese la parola

-ci sono delle nuove informazioni per voi che abbiamo ricavato tramite i documenti che ci fornisti dall’archivio del comandante Caporale, dopo una serie di manovre di spionaggio… CTD allo spionaggio procedi-

-certo Aprile… gli anni tra la Rivoluzione Cubana del 1959 e i trattati sul controllo degli armamenti degli anni settanta segnarono il crescente sforzo di Stati Uniti e Unione Sovietica, nel mantenere saldo il controllo sulle rispettive sfere di influenza. Il presidente Lyndon Johnson nel 1965 sbarcò 22.000 soldati nella Repubblica Dominicana per impedire l’improbabile sorgere di un nuovo Fidel Castro. Sotto Leonid Brežnev le truppe degli alleati del Patto di Varsavia (Unione Sovietica, Germania Est, Polonia, e Ungheria) intervennero nel 1968 in Cecoslovacchia in accordo con la nuova dottrina sovietica del “dovere internazionale” delle nazioni socialiste di proteggere le conquiste del socialismo ovunque venissero minacciate. Nello stesso anno Johnson inviò 575.000 soldati nel Vietnam del Sud per sorreggere il barcollante regime anticomunista e frenare l’influenza cinese nella regione. La fede del pubblico statunitense nella “luce alla fine del tunnel” venne comunque infranta il 30 gennaio 1968 quando il nemico, apparentemente sull’orlo del collasso diede il via all’Offensiva del Têt, la festa dell’anno nuovo lunare, nel Vietnam del Sud e in misura minore nell’offensiva post-Têt del 1969. Anche se nessuna di queste offensive conseguì degli obiettivi militari, la sorprendente capacità di un nemico ritenuto ormai spacciato di poter lanciare tali assalti convinse molti statunitensi che la vittoria era impossibile. Nixon venne eletto presidente e cominciò la sua politica di lento disimpegno dalla guerra. Lo scopo era quello di rafforzare gradualmente l’esercito sudvietnamita di modo che potesse combattere da solo la guerra contro l’NLF e l’esercito nordvietnamita. Questa politica divenne la chiave di volta della cosiddetta “Dottrina Nixon”. Applicata al Vietnam, la dottrina venne chiamata “Vietnamizzazione”. La moralità della condotta della guerra da parte statunitense continuò ad essere oggetto di discussione durante la Presidenza Nixon. Nel 1969 venne alla luce che il Tenente William Calley, un comandante di plotone in Vietnam, aveva guidato il massacro di civili inermi (compresi dei neonati) a My Lai un anno prima. Il massacro venne fermato solo quando l’equipaggio di un elicottero individuò la carneficina e intervenne per impedire ai propri commilitoni di uccidere altri civili. Anche se molti furono sconvolti dalla carneficina, a Calley venne comminata una sentenza leggera, dopo il suo processo davanti alla corte marziale nel 1970, e in seguito venne perdonato dal presidente Nixon. A parte questo massacro, milioni di vietnamiti morirono come conseguenza della Guerra del Vietnam. La più bassa stima delle perdite basata sulle dichiarazioni ora abbandonate dei nordvietnamiti, è di circa 1,5 milioni di vietnamiti uccisi. Le perdite USA tra i soldati ammontarono a 58.000 uomini. Le perdite inflitte dai Khmer Rossi appoggiati dagli USA furono ancora più alte. Anche se aderivano a una forma distorta di Maoismo, i Khmer Rossi erano anti-sovietici. Nel 1970, Nixon ordinò un’incursione militare in Cambogia allo scopo di distruggere i santuari dei Viet Cong ai confini con il Vietnam del Sud. Molti pensano che i Khmer Rossi non sarebbero arrivati al potere ma stanno facendo strage della loro gente. Uno dei regimi più violenti del XX secolo, il più famoso è senza dubbio Kang Kek Iew un criminale cambogiano, importante esponente politico dei Khmer Rossi che sta acquistando armi sottobanco da un tenente italiano addetto alla manutenzione delle armi, un personaggio incluso nella lista del NSIFAR che ci hai fornito. Con la complicità dell’addetto al trasporto armi fanno sparire enormi quantitativi che vendono a questi macellai per finanziare il loro prossimo colpo di stato. Il nome del tenente è Augusto Ferro e va giudicato-

Aprile riprese la parola

-quando tornerai troverai un fascicolo su Ferro completo di foto e spostamenti dovete eliminarlo insieme all’addetto al trasporto. La seduta è chiusa restiamo in attesa degli aggiornamenti, ora se volete scusarmi… Francesco, vorrei scambiare due parole in privato-

Ci allontanammo dalla stanza mentre i consiglieri non perdevano tempo a fare i cascamorti con Valeria, avevo già capito dove voleva andare a parare Aprile perché la cosa era scontata

-allora dimmi… è inutile tergiversare tra noi vero? Ci conosciamo talmente bene che non c’è bisogno di avere peli sulla lingua, quindi dimmi… ti sei innamorato di lei? Ci sei andato a letto vero?-

-non credo siano affari tuoi amico mio perciò non risponderò alla tua domanda…-

-è come se avessi detto di si… ti capisco, anche io ci sono passato una volta, e ho dovuto fare la mia scelta… ora non so quanto sei coinvolto ma ti dirò una cosa… cerca di non farti sommergere da questa storia… questo è un momento delicato per noi dobbiamo pensare a primavera di fuoco innanzitutto perciò cerca di essere lucido…-

-è proprio questo il problema, non si tratta di una scappatella… Valeria mi ama per quello che sono mentre Axelle credo sia innamorata solo della mia leggenda capisci? Le piacevo ancora prima che mi incontrasse… e forse è questo che faccia la differenza…-

-questo lo so e lo penso anche io, ma devi ammettere che Axelle ha avuto tutto il tempo per conoscerti meglio, e di certo non ti è saltata addosso appena l’hai conosciuta-

-non so cosa fare… con tutte e due ho delle cose in comune, anche se devo ammettere che Valeria è molto simile a me in molti aspetti…-

-forse è una cosa buona, ma forse no…-

-cosa vuoi dire-

– pensaci… siamo amici e non voglio ti faccia male, intendiamoci, non che mi dispiaccia più di tanto se molli Axelle anche se so che è una bravissima ragazza, ma non fare passi azzardati ok?-

-ora è meglio che vada non è bene stare troppo tempo nello stesso luogo tutti insieme… senti, per questa storia dei sette non credo mi interessi, voglio solo cercare di ritirarmi… sono stanco e non voglio altre responsabilità-

-facciamo che ne riparleremo con calma un’altra volta…-

Dopo una stretta di mano sincera tornammo nella sala dove gli altri ci aspettavano. Io e Valeria ci congedammo e riprendemmo la strada per Firenze. Durante il tragitto Valeria non fece altro che esprimere la sua emozione e la sua gratitudine. Raccontò di come rimase stupefatta da tutti i racconti che il consiglio aveva narrato su di me, ma poi arrivò al dunque ovvero che volevo mollare. Mi chiese se il motivo della mia richiesta di ritiro era Axelle, e se avevo davvero avevo intenzione di lasciare tutto per lei. Le risposi che quando ci lasciammo ero deciso a fare quel passo perché volevo vivere una vita normale e serena con lei, e che ero stanco di tutto questo. Mi chiese allora del giuramento che aveva appena fatto e che sicuramente anche io mi ero prestato a fare. Diceva “finché il mio sangue correrà nelle vene dedicherò anima e corpo alla causa” perciò chiese quanto valeva per me quel giuramento, ed io le risposi che avevo già dato tutto quello che potevo, e che ora chiedevo solamente la ricompensa che mi spettava, ciò per cui avevo lottato tutti questi anni. Mi comprese benissimo. A sentire cosa si raccontava si rese conto che avevo veramente già dato. Ne parlammo molto. Mi chiese di ipotizzare se l’avessi scelta cosa avrei fatto, se continuare o andarcene insieme come voleva per Axelle. Le dissi che non lo sapevo, forse con lei avrei ritrovato la forza di continuare, o forse avrei avuto paura che succedesse qualcosa abbandonando tutto. Mi ricordai di nuovo Giulia. Le raccontai. Fu terribile vedere come l’avevano ridotta dopo l’interrogatorio. Era diventata un ammasso di carne sanguinolenta. Soffrì molto prima di morire… tutto a causa mia… dovetti toglierle la vita io stesso perché non c’era più niente da fare, e non fu facile lo giuro… sfogai tutta la mia furia nel trovare e giustiziare le carogne che le avevano fatto quelle cose disumane. Mise la mano sulla mia che stingeva il cambio dell’auto così forte da diventare bianca. Disse che le dispiaceva tanto e chinandosi fino ad appoggiare il suo volto sulla mia spalla singhiozzò lasciandosi scappare qualche lagrima.

-hai sofferto, come me, e non è giusto… mi chiedo perché succedano queste cose alla brava gente, mentre gli assassini, i ladri e gli stupratori, vivano vite tranquille… non è giusto… perché nessuno fa niente? Perché si voltano tutti dall’altra parte? Perché?-

-noi non lo facciamo… un amico mi disse che qualcuno deve pur cominciare… tocca a noi…-

Quelle parole la rincuorarono, mi diede un tenero bacio sulla guancia e riprese posto mentre il motore ruggiva e la macchina correva sull’asfalto. Quando la luce del mattino seguente filtrando attraverso le tende mi svegliò ero a letto con Valeria. Avevamo dormito insieme per farci compagnia. Nulla di più. Nei giorni che seguirono rimasi sempre lì con lei mentre studiavamo il plico che riguardava la nuova missione. C’erano dei momenti in cui sembravamo marito e moglie, ed altri in cui eravamo fratello e sorella. Eravamo in armonia, mai in situazioni difficili o d’imbarazzo. Non bevevamo nemmeno tanto, e sembrava che le nostre presenze ci stessero curando a vicenda. Avevamo già fatto fuori il responsabile addetto al trasporto armi, e fu proprio Valeria a voler premere il grilletto… si sentiva in dovere di dividere il peso del prezzo della libertà, e soprattutto si sentiva in dovere di vendicare il sangue degli innocenti che era stato versato. Forse sbagliavo ma per me era una donna magnifica. Quando raggiungemmo il tenente Augusto Ferro usammo le sue qualità estetiche per adescarlo e trascinarlo in trappola perché ormai non si fidava a muoversi liberamente dopo la scomparsa del suo collaboratore, così lo portò nell’appartamento a San Lorenzo dove c’ero io ad aspettarli. Varcato l’ingresso Valeria lo mise a terra con una delle prese che le avevo insegnato facendolo cadere come un tronco in un bosco bloccandogli poi le braccia dietro la schiena con il ginocchio. Mi stupì molto vederla in azione così decisa. Gli legò le mani velocemente con una fascetta in plastica, e tirando fuori una forza insospettata lo alzò di peso per sbatterlo poi sulla seggiola nell’angolo della stanza. Si recò in cucina per prendere un pacco di sale che fece vedere bene al tenente

-questo non è per te, ma per le ferite che ora ti aprirò quindi ogni volta che ti verrà rivolta una domanda dal mio compagno ti consiglio di rispondere senza indugiare o dovrò condirti per bene…-

Gli stracciò la camicia della divisa scoprendogli il torace, poi piantò un coltello sul tavolo di fianco. Aveva fatto un lavoro eccellente, il tenente se la faceva sotto dalla paura…

-noi siamo agenti della Killer Karman e tu sei stato giudicato di crimini contro gli uomini. Dimmi, chi ti passa direttamente gli ordini? Il comandante Caporale o il generale de Lorenzo?-

-come? Come fai a conoscerli?-

-risposta sbagliata, Val…-

Valeria prese il coltello e praticò un incisione che riempì di sale. L’uomo lanciò un grido che faceva immaginare cosa provasse

-urla quanto vuoi, sappi che la stanza è insonorizzata e noi abbiamo tutto il tempo di questo mondo-

-Caporale… gli ordini li ricevo da Caporale… oddio Caporale…-

-quindi fai parte del nuovo SIFAR?-

-si, si… il NSIFAR, si…-

-avete altri progetti per alzare soldi per il colpo di stato?-

-stiamo organizzando una rapina in banca ma non so quale lo giuro!-

-secondo te a chi dovrei chiederlo?-

-il gruppo d’assalto sarà guidato da un maresciallo dei carabinieri…-

-chi-

-non lo so! non lo so!-

-Val…-

Questa volta Valeria ci andò giù pesante, e l’uomo stava quasi per svenire perciò gli tirai una secchiata d’acqua.

-vai a prendere la gabbia-

Dissi a Valeria. Tornata dalla stanza accanto mi porse un cubo di rete metallica.

-la vedi questa? Sai cos’è? Beh si tratta di una semplice gabbietta di ferro, ora la posizionerò sul tuo capo introducendovelo. Una graziosa testolina in gabbia… ho deciso che ho un po’ fretta perciò andremo subito al sodo grazie a questo semplicissimo espediente-

-che cosa avete intenzione di farmi… parlerò… parlerò ve lo giuro…-

-le tue promesse servono a poco perché sai… la mia amica qui non si fida affatto di te, perciò per essere sicuri che non mentirai… Val prendi i topi…-

L’uomo dolorante si fece bianco in volto. Cominciava a capire cosa l’aspettava se non fosse stato essenziale ai suoi aguzzini. Tornata di nuovo dall’altra sala, Valeria mostrò un’altra gabbietta, ma piena di ratti disgustosi-

-mio caro amico ti conviene rispondere, e velocemente, da adesso questi adorabili topolini faranno compagnia alla tua simpatica testolina…-

I ratti nella gabbia stridevano come indemoniati, fetidi e rabbiosi, e l’uomo cominciò a tremare a più non posso

-dicevamo? Il nome del maresciallo!-

-Benedetti… maresciallo Benedetti della caserma di Napoli…-

-bravo… vedi? Quando vuoi ti comporti bene… ora voglio sapere se vendete armi a qualcun altro oltre che a Kang Kek Iew-

-no, no… non possiamo trafugare più nulla senza la complicità dell’addetto ai trasporti-

-questo lo avevo immaginato perciò lo abbiamo eliminato, devo essermi espresso male… avete venduto armi a qualcun altro oltre Kang Kek Iew in passato? Può andare così?-

-no non abbiamo venduto niente a nessuno, le armi che abbiamo rubato servivano per il colpo di stato-

-ed ora dimmi… dove sono quelle armi? Rispondi correttamente oppure Val sarà costretta a stuzzicarti un po’…-

-no no per carità vi dico tutto… si trovano in un magazzino in via Pietro Colletta, zona industriale di Firenze, nei pressi di Campo di Marte…-

-bene penso che possa bastare che ne dici Val?-

-abbiamo raccolto delle informazioni preziose stasera ben fatto-

-ora dimmi tenente dei miei stivali, so che giochi spesso in una bisca clandestina gestita da alcuni tedeschi in via Mola, ma non so fino a che punto sei dipendente… hai dei debiti importanti?-

-ma cosa c’entra questo?-

-Val…-

-no no aspetta… ho un debito di trentotto milioni con la casa, ma perché volete saperlo?-

-è ovvio perché ora ti uccideremo, ma per non creare sospetti agli occhi di Caporale getteremo il tuo cadavere in un fosso con le mani tagliate come fanno i tedeschi con chi non paga i debiti, chiaro ora?-

Il tenente Ferro sbiancò improvvisamente nel sentirsi la gelida punta della pistola puntata alla nuca,  penetrata silenziosamente attraverso le maglie della gabbia.

-questo è per le donne e i bambini che hai aiutato a trucidare!-

Val esplose il colpo mortale prima che l’uomo potesse dire qualcosa che sarebbe stata la solita supplica o un insulto. Lo spirito della vendetta della popolazione che veniva barbaramente decimata dai Khmer Rossi gridava giustizia attraversò la voce e la mano di Valeria, che non esitò un istante nel torturare e infine giustiziare uno dei catalizzatori della strage. Come da procedura chiamai la squadra di cancellazione e feci rapporto. Mentre la squadra si occupava del cadavere, con Aprile decidemmo di intervenire subito per il sequestro del rimanente delle armi che speravamo avremmo trovato nel magazzino indicatoci dal tenente, perciò organizzai l’azione con degli uomini del servizio di cancellazione che si procurarono i camion, in seguito mi feci indicare un posto sicuro per lo scarico e l’occultazione.

Io e Valeria andammo avanti fingendoci una coppia che si era persa per strada ci avvicinammo ai piantoni che sorvegliavano l’ingresso. Mentre cercavano di darci delle indicazioni, due puntini rossi comparirono sulle loro fronti. I due militari caddero a terra senza vita nel più assoluto silenzio. La squadra d’assalto diretto sbucò fulmineamente da una serie di posizioni opposte, entrando per metà dall’ingresso principale in stile teste di cuoio, per metà dai lucernai posizionati sul tetto, abbattendo qualunque cosa si muovesse all’interno del fabbricato. A luce verde dalla squadra diedi il segnale ai camion di intervenire e posizionarsi a ventaglio davanti l’ingresso. Come una colonia di formiche si sviluppò subito una serie di catene di uomini che sbucati dall’interno degli autocarri cominciarono a svuotare il magazzino in velocità. Nel giro di trenta minuti scarsi il locale era stato vuotato, e tutti si dileguarono prendendo strade opposte. Ovviamente lasciammo delle tracce di depistaggio che il reparto logistico aveva pensato di procurare, ovvero dei cadaveri di contrabbandieri islamici trafugati da un obitorio in cui avevamo impiantato delle nostre cellule, i corpi ben disposti nell’area erano posti a figurare una resistenza da parte dei militi in uno scontro armato. Dopo la serie di azioni a danno del NSIFAR , lo scongiuramento del piano GT, il sequestro e cattura di Andreotti, l’eliminazione di molte cellule legate all’organizzazione come il tenente Ferro, il furto dei documenti di Caporale ed ora la sparizione di tutte quelle armi segretamente occultate, avevo quasi il sospetto che il generale de Lorenzo cominciasse a sospettare qualcosa. Le nostre mosse erano state fatte bene e le tracce contraffatte, nessuno era stato mai catturato o interrogato, avevamo persino la sicurezza che non c’erano talpe all’interno del corpo, ogni singolo elemento veniva periodicamente ricontrollato in totale segretezza, però il mio sesto senso mi diceva che dovevamo anticipare l’operazione primavera di fuoco se non volevamo che loro anticipassero il loro colpo di stato mettendoci in seria difficoltà. Se succedesse, molto probabilmente si scatenerebbe il putiferio, avremmo battaglie in strada stile guerriglia urbana, le brigate rosse darebbero esempio di coraggio fino ad arrivare al punto in cui si formeranno altri gruppi di resistenza. Verrebbero massacrati dai soldati già pronti di de Lorenzo, che a sua volta, diventerebbe un eroe per aver distrutto la minaccia di terrorismo ai danni dell’Italia. Tutti quegli attentati segretamente pilotati dal suo gruppo come il piano GT servirebbero come scudo per giustificarsi, e come fango per incolpare le BR. Forse mi sbagliavo, forse erano supposizioni esagerate ma non ci potevamo permettere di sbagliare per finire in un baratro oscuro da cui saremmo potuti uscire solo graffiando e mordendo. Dovevo discutere la cosa con Aprile al consiglio dei sette, ma c’era il problema di questo nuovo stratagemma del NSIFAR per finanziare la loro iniziativa sovversiva, questo maresciallo dei carabinieri di Napoli, Benedetti. Se avevano preparato così tante armi, e stavano facendo un ultimo colpo in banca… significava che le casse erano piene e l’ora era vicina! Ricevetti subito la comunicazione per una riunione decisiva dei sette. Si discusse molto delle nuove prove acquisite dagli ultimi avvenimenti e dai documenti sottratti da me, che la misteriosa donna in rosso avrebbe dovuto consegnare. La possibilità di un improvviso cambiamento dei piani del nemico era rischiosa e attuabile. Tutti i nostri sforzi sarebbero caduti come foglie secche se ci fossimo dovuti trovare improvvisamente a far fronte ad un altro genere di battaglia più rischioso ed impegnativo, il cui esito non sarebbe stato ne certo, ne immediato. Il consiglio premeva per anticipare le fasi del progetto primavera di fuoco, che volendo eravamo pronti a mettere in atto, ma non c’era la certezza che le nostre liste dei cospiratori coinvolti fossero del tutto complete. Se qualcuno scampasse la nostra giustizia potrebbe confondersi per non essere mai più identificato, con la possibilità di rimettere in piedi organizzazioni analoghe… questo era il rischio, ma a volte eravamo obbligati a decidere precipitosamente per cui scegliere il male minore era il primo passo per poi soffocare il restante con calma e lucidità. Arrivammo quindi alla conclusione che il nostro progetto doveva prendere vita prima di trovarci in difficoltà maggiori che avrebbero portato svantaggi a tutta l’Italia. L’ordine era di fermare Benedetti a Napoli, interrogarlo e a lavoro compiuto intervenire direttamente con il piano che a cui miravamo da anni, primavera di fuoco. Mi proposi come volontario per scendere a Napoli con Valeria e portare a termine il delicato lavoro, lì ci saremmo congiunti ad un corpo scelto, che sotto il mio comando, ci avrebbe sostenuto dopo aver studiato gli elementi, forniti da nostre spie venute a conoscenza dell’azione violenta.