FATTI AD ARTE

GIACOMO BALLA, IL RITRATTO DELLA MADRE

di Stefano Di Palma

Questo intenso ed emozionante ritratto è stato eseguito da Balla nel 1901; si tratta di un pastello e tempera su carta di grande formato (cm 119×93), custodito presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

Inusitato è il taglio ravvicinato scelto dall’artista, infatti il volto della madre di Balla è inquadrato così da vicino come un pittore non avrebbe mai fatto; una simile scelta è frutto delle sperimentazioni in cui Giacomo Balla è coinvolto in quel tempo e che accompagnano la sua intera carriera. Tale produzione, come attesta anche il dipinto intitolato Salutando del 1908, è costituita da opere che rivelano un realismo a prima vista sconvolgente. Si presentano infatti come dipinti anzitutto per le grandi dimensioni, ma mostrano i loro soggetti con un taglio dell’immagine e un’attenzione ai particolari tipici della fotografia: assomigliano più a riprese obiettive di porzioni di realtà che a rappresentazioni pittoriche (Cfr. S. GALLO – G. ZUCCONI, 2002).

Estremamente affascinante è questa interpretazione della figura materna che ci propone un segmento di vita di una donna nella vecchiaia dove la possibile bellezza è sfiorita, l’esperienza ha solcato il volto, le labbra si serrano e lo sguardo racconta. Si tratta di un ritratto reale e psicologico. Anche gli effetti di luce simulano i caratteri della registrazione fotografica amplificando, mediante i contrasti, le sollecitazioni emozionali provocate nell’osservatore.

La produzione pittorica di Giacomo Balla (1871-1958) a Roma, nei primi anni del secolo, indirizza lo svolgimento della ricerca artistica italiana verso interessi nuovi, più vicini alla cultura tecnica e alla sensibilità sperimentale della società industriale. Tale esercizio influenza ampiamente artisti più giovani, come Boccioni, Severini e Sironi, la cui attività nel secondo decennio del Novecento darà importanti contributi al Futurismo; lo stesso Giacomo Balla si farà coinvolgere dal movimento Futurista procurando importanti esiti.

Balla nasce a Torino, dove frequenta l’Accademia delle Belle Arti, e si trasferisce a Roma nel 1895. Le sue opere di inizio Novecento mostrano una chiara inclinazione all’osservazione analitica della realtà. Il pittore utilizza un linguaggio divisionista, adatto alla sua mentalità analitica, e tra il 1900 e il 1901 si trasferisce a Parigi, dove assorbe l’insegnamento dell’impressionismo e del neoimpressionismo.

L’oggettività balliana trova poi speciale sensibilità nell’interesse verso la resa del movimento. L’attenzione per la luce, connessa alla tecnica divisionista, fa scaturire dai soggetti riprodotti la sensazione del movimento interrotto e perfino in corso, da qui si perviene alla sensazione del tempo. La concezione di dinamismo dell’artista si basa sulla ripetizione ritmica del movimento, in rapporto allo spazio, pure in movimento, e in rapporto alla permanenza dell’immagine sulla rètina e alla conseguente percezione simultanea. La prima indicazione del movimento è ottenuta dal pittore tramite la ripetizione dell’immagine come accade nelle opere Dinamismo di un cane al guinzaglio (1911-12) e in Mano di violinista (1912). Dopo l’adesione al Futurismo, il pittore continuerà a suggerire nelle sue opere il senso della velocità con l’uso di elementi geometrici a cuneo, ad ellissi e spiraliformi realizzati con dissociazione cromatica. Tale sperimentazione culminerà nella scansione ritmica del colore in rapporto alla vibrazione della luce nelle sue ricerche sui gradienti luminosi che trovano esito nelle Compenetrazioni iridescenti, cui dà inizio nel 1912. Nel corso della sua carriera Giacomo Balla si dedica anche alla realizzazione di oggetti e di elementi di arredo per poi tornare in pittura, dopo il periodo futurista, ad una figurazione ancora legata al luminismo postimpressionista.