Il Velo di Maya

‘IL VELO DI MAYA’ – SIGNIFICATO DEL MITO DELLA CAVERNA

Una caverna buia e umida, uomini immobilizzati dalle catene. Solo una luce fioca arriva dentro la fredda spelonca, una luce data dal fuoco che si trova alle spalle dei prigionieri. Dietro gli uomini incatenati c’è un muro, oltre il quale si muovono, senza essere viste, delle persone che portano, tenendoli alti, degli oggetti. Grazie al fuoco, le immagini degli oggetti si riflettono sulla parete di fronte ai prigionieri.

Siamo all’inizio del libro VII de La Repubblica di Platone, ci troviamo di fronte a quello che comunemente viene ricordato come mito della caverna. I prigionieri vivono lì dentro da sempre e l’unico mondo che conoscono è quello che si riflette sulla parete che hanno di fronte. Platone immagina che uno dei prigionieri riesca a liberarsi dalle catene e ad uscire nel mondo reale. Senza dubbio l’uomo liberato, una volta in piedi, vedrebbe che le immagini sulla parete non erano altro che proiezioni di simulacri e, fuori dalla caverna, farebbe fatica ad abituarsi alla luce del sole. Lentamente guarderebbe prima le cose riflesse nell’acqua, poi di notte i corpi celesti e solo alla fine, dopo un duro esercizio, riuscirebbe a contemplare direttamente il sole e tutto ciò che illumina e a cui dà vita.

E se l’uomo liberato scendesse di nuovo nella caverna? Senz’altro i suoi occhi farebbero difficoltà a riadattarsi all’oscurità e non riuscirebbe più a distinguere le ombre. I suoi compagni di prigionia lo deriderebbero e non accetterebbero di essere liberati da lui. Gli schiavi finirebbero col mettere a morte il loro ex compagno che tenta di educarli, che cerca di guidarli verso la realtà che loro hanno sempre ignorato e che continuano a non voler vedere.

Il tragico epilogo tracciato da Platone richiama chiaramente la fine di Socrate e la simbologia filosofica del mito è davvero ricca. Senza la pretesa di esaudirla completamente proviamo a delinearne le caratteristiche più evidenti e interessanti.

La vita dei prigionieri all’interno della caverna rappresenta la vita dell’uomo nel mondo sensibile. Il mondo reale, illuminato dal sole, è invece metafora del mondo delle idee, illuminato dal bene. A questo livello successivo l’uomo può accedere solo dopo un lungo processo educativo e non semplicemente prendendo atto di certe nozioni, o vedendo gli oggetti che qualcun altro gli mostra. È un passaggio che prevede la conversione di tutta l’anima mediante un cammino che può anche durare una vita intera (Trabattoni 2004). È questo il cammino del filosofo, il quale non è più incatenato al mondo dell’opinione, ma riesce a risalire la strada della verità. La filosofia ha, secondo Platone, una forte finalità politica. L’obiettivo primo del filosofo, infatti, non è tanto quello di scoprire e contemplare il mondo intelligibile quanto quello di ridiscendere nella caverna, liberare la comunità di prigionieri e diventare loro guida. I filosofi, per quanto sconcertanti e incompresi dai loro concittadini, non possono venir meno al loro compito e disobbedire al vincolo di giustizia che li lega con il resto della comunità. I prigionieri, però, saranno disposti a scrollarsi del peso della loro sottomissione? E noi, siamo disposti a rompere le nostre catene e a liberarci dell’oscurità delle caverne in cui ogni giorno rischiamo, a volte inconsapevolmente, di essere imprigionati?

Maria Caterina De Blasis