IL CAMEO, ARTE E TRADIZIONE

SORA – CONOSCETE LA STORIA DI SANT’ANTONIO ABATE?

di Stefano Di Palma

Il 17 gennaio rappresenta una data particolare visto che si ricorda una delle più importanti figure del Cristianesimo, ovvero sant’Antonio Abate, il cui culto conosce varie declinazioni che riflettono tanta storia, arte e tradizione.

Più che la vita e le opere, sono soprattutto i patronati a cui è associato questo santo (soprattutto inerenti al mondo contadino) a decretare la sua plurisecolare fama  tra le genti; a tal riguardo, si ricorda che l’abate è maggiormente venerato come  patrono degli animali domestici, dei maiali, dei macellai, dei guardiani dei porci e protegge dalle malattie, dalla peste, dagli incendi e dalle epidemie del bestiame.

Di Antonio, non si conosce esattamente l’anno di nascita, anche se avvenne probabilmente intorno alla metà del secolo III. La sua famiglia proveniva dal Medio Egitto e dopo la morte dei suoi genitori egli vendette i suoi averi e si dedicò ad una vita di ascesi. Il suo primo romitaggio fu probabilmente una camera sepolcrale scavata tra le rocce ai margini del deserto; in seguito, Antonio visse per quasi vent’anni in isolamento su una montagna. Dopo il 311, Antonio si ritirò per sempre nel deserto, dove divenne maestro di una schiera di monaci, molti dei quali rimanevano presso di lui; fu proprio questo santo a concepire per primo una forma di vita eremitica comunitaria sino ad allora sconosciuta. Prima di morire, Antonio si recò ad Alessandria di Egitto, dove tenne discorsi infuocati contro la dottrina ariana per poi tornare nel deserto, dove morì all’età di 105 anni. Poco dopo la sua morte, fu soprannominato “il Grande”.

In seguito al trasporto delle reliquie in Occidente, il culto di Antonio raggiunse il suo culmine nel periodo tra i secoli XIV e XVIII.  Alla diffusione della sua devozione, contribuirono anche le opere di beneficenza realizzate dall’Ordine degli Antoniti, fondato nel 1095 da un nobile francese, il cui figlio sarebbe stato guarito da un’epidemia grazie al contatto con le reliquie del santo; nel 1382, Alberto di Baviera fondò l’Ordine dei Cavalieri di sant’Antonio, che decretò il suo patronato del ceto cavalleresco.

Speciale menziona merita la storia del cosiddetto “maiale di sant’Antonio” che lo accompagna in molte raffigurazioni, soprattutto di stampo popolare, esposte nelle stalle a protezione del bestiame. Si narra che gli Antoniti, i quali si prendevano cura dei malati, avevano il permesso di far pascolare liberamente i loro maiali identificati da una campanella; spesso, il 17 gennaio ne abbattevano uno e, dopo la benedizione di rito, donavano la sua carne ai poveri. Si ricorda che esiste anche una “epidemia di sant’Antonio”: essa colpiva prevalentemente i maiali e si dice che il santo poteva infliggerla ma anche guarirla (cfr. Shauber – Schindler, 1997).

A causa delle suddette proprietà taumaturgiche, è cosa ovvia che nella tradizione contadina la festa del 17 gennaio costituiva l’avvio del calendario da seguire nei lavori di campagna. La prima attestazione della presenza di un culto riservato a sant’Antonio presso Sora si ha nel secolo XIV e trova espletazione nell’esistenza dell’ospedale a lui intitolato, il cui compito era quello di accudire i poveri e gli infermi, specialmente quelli affetti dall’Herpes zoster, popolarmente detto “fuoco di Sant’Antonio”, all’epoca molto diffuso nella penisola italiana; la struttura doveva trovarsi tra l’odierna Piazza Indipendenza e l’inizio del Corso Volsci. Sant'Antone Per quanto concerne la piccola chiesa intitolata al santo che, a causa della sua particolare ubicazione, caratterizza le pendici del monte San Casto ed è dunque visibile da più  punti della città di Sora, si è ipotizzata la fondazione alla fine del Cinquecento anche se la prima menzione storica risale al 1608 (cfr. AA. VV., 2016).

Tale attestazione sembra prevalere sulla più vecchia ipotesi che prevedeva la fondazione della chiesa come opera nel secolo XIII dei Cistercensi presenti all’epoca nella vicina chiesa di San Silvestro Papa (cfr. L. Loffredo, 1986). Nel corso dei secoli la chiesa di Sant’Antonio fu custodita da vari eremiti e nel secolo XIX il seminarista sorano Giuseppe Rosati, poi divenuto vescovo presso Saint Louis nel Missouri, vi ebbe l’accesso agli Ordini Minori.

Nel corso del tempo, l’edificio sacro ha conosciuto restauri e rimaneggiamenti; su tutti predomina quello praticato nel primo Novecento che caratterizza l’impianto ancora oggi con i suoi accenti neogotici redatti secondo forme e gusto prevalenti in quel tempo. All’interno è custodita la statua lignea e policroma del santo riconducibile al secolo XVII. Un corposo intervento strutturale si è raggiunto con i lavori del 1975 mentre in seguito agli atti vandalici del 2007, l’edificio è stato oggetto di un parziale ripristino e riaperto al pubblico nel 2015.

Ogni anno, in occasione della festa del 17 gennaio, davanti alla chiesa di Sant’Antonio si rinnova la tradizionale benedizione degli animali domestici, retaggio di un passato ormai perso nella sostanza ma che evidentemente s’intende mantenere vivo nella forma e dunque nella memoria.