IL CAMEO, ARTE E TRADIZIONE

SORA – SAN DOMENICO NELL’ARTE CONTEMPORANEA

di Stefano Di Palma

La ricognizione iconografica inerente alle principali opere di interesse artistico che ritraggono il taumaturgo Domenico si conclude in questa sede con la descrizione degli esempi conservati a Sora: si tratta di opere plastiche ubicate in due luoghi distinti della città accomunate dalla medesima tipologia, ovvero la decorazione di una porta, che separa lo spazio civile da quello sacro.

Il primo esemplare è inserito nel prospetto della chiesa di Santa Restituta, dove esistono tre porte bronzee firmate dall’artista Tommaso Gismondi, eseguite e montate in loco nell’occasione del XVII Centenario del martirio della santa (275-1975). Si tratta nello specifico della porta laterale di destra sovrastata dalla lunetta che include un mosaico raffigurante san Cassio e dedicata ai principali santi venerati a Sora.  Ciascun battente della porta ospita sei formelle dove i personaggi sono raffigurati a figura intera e sovrapposti nella maggior parte dei casi alla raffigurazione dei prospetti delle chiese a loro dedicate nella città. A questo codice identificativo creato dallo scultore corrisponde anche il ritratto di san Domenico presentato secondo la tradizionale iconografia derivante dalla statua conservata nel monastero di Sora. Egli appare vestito dell’abito cistercense ed è inteso quale abate come attestano la presenza della croce pettorale, del pastorale e del codice trattenuto non lungo il fianco sinistro (come accade nell’immagine principale) ma sul petto.

Il volto di Domenico è reso secondo i tratti ormai consolidati dalla tradizione (barba, fronte alta, zigomi evidenti) ma l’impronta tutta personale data dal Gismondi è impressa nella dilatazione dei medesimi: essi sembrano fuoriuscire con grande naturalezza dal pastoso fondo della formella dimostrando, ancora una volta, come la duttilità insita nella materia costitutiva dell’opera si accordi alle capacità tecniche ed esecutive dell’autore. Alle spalle del santo è inserita la facciata della chiesa a lui dedicata di cui si scorgono porzioni delle coperture, i portali laterali (dove si evidenzia l’oculo che sovrasta quello di sinistra) e, soprattutto, il pilastro superstite dell’antico nartece, posto tutt’oggi all’esterno dell’edificio sacro, che diviene per l’osservatore immediato segno di riconoscimento del venerato sito.

Il secondo caso è costituito dal gruppo di porte bronzee dello scultore Alessandro Romano eseguite nel 2009 per la basilica intitolata al Santo. Sul prospetto dell’edificio le due porte laterali raccontano in una personale visione dell’artista episodi della vita dell’Abate: in quella di sinistra san Domenico mentre predica ai monaci e alle monache blocca il masso che precipita dalla montagna; in quella di destra san Domenico riceve la confessione di Pietro Rainiero. Anche la porta che collega la chiesa al chiostro del monastero è dedicata al taumaturgo e propone la figura di san Domenico come eremita itinerante.

Nel complesso si tratta di un sistema in cui l’artista inserisce i vari episodi, occupando interamente lo spazio a disposizione, creando immagini di notevole interesse e pregio dove l’immagine di Domenico è restituita secondo i canoni tradizionali e l’uso sapiente di un gioco di potenti aggetti e rientranze di materiale anima le scene.

Una quarta porta dello stesso autore è inserita nella facciata della basilica e ne costituisce lo schermo del principale accesso; essa è dedicata alla Vergine Maria in omaggio alla primitiva intitolazione della chiesa.

Alla luce di questo notevole intervento di riqualificazione segue anche una breve riflessione. I più antichi battenti della porta principale della chiesa di San Domenico non sono più agevolmente fruibili in attesa, si spera a ben sei anni di distanza, che trovino una saggia collocazione da parte di coloro che hanno deciso la costosa sostituzione.

L’antica porta principale rappresenta ancora un cimelio importante di una delle fasi più determinanti inerenti all’apparato architettonico-decorativo della chiesa che ha conosciuto tra i secoli XIX e XX molti rimaneggiamenti. Una testimonianza preziosa che inserita in un giusto contesto conservativo può e deve convivere con le opere d’arte del nostro tempo. In caso contrario andrebbe segnalata una grave perdita, (pur trattandosi di un esemplare di chiara estrazione locale ma che identificava un preciso passaggio storico), e l’iniziativa legata alla messa in opera delle nuove porte si manifesterebbe quale mera ostentazione di una svolta decisionale e auto celebrativa del committente sganciata da più alti valori culturali e da un più consono ed intelligente dialogo tra passato e presente.