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UN CIOCIARO A ZURIGO

Dal Prof.Michele Santulli, riceviamo e pubblichiamo:

Ne avrebbe da raccontare il povero ciociaro che emigra a Zurigo, opulenta e protestante.  In effetti in questa città le regole vanno osservate: è normale, per esempio, vedere negli autobus  o nei tram persone in eleganti abiti da sera che vanno al teatro o al concerto anziché in macchina o in taxi, proprio a significare che il ‘pubblico’ è veramente ‘pubblico’ quindi per ’tutti’, da rispettare ferreamente! Zurigo isola felice della Svizzera felice dove, si dice, non si possono costruire metropolitane in quanto tutto il sottosuolo è occupato dai caveaux e dagli scrigni e dai forzieri  delle banche e dai rifugi antiatomici ! Un altro mondo,  in verità, la Svizzera!

Non solo la storiella che qui ammazzano, cucinano allo spiedo e poi divorano nelle baracche addirittura uno di quei bianchi regali cigni che  caracollano e si dondolano  a centinaia nei laghi e nei fiumi e non di rado nel passato sentivi in giro e leggevi nella stampa, aspre rampogne e insulti contro il povero ciociaro che, sembrava, fosse il feroce autore del misfatto!  E la vecchia affluente signora  che magari consuma i propri pasti nei ristoranti ‘riformati’ o in quelli per vegetariani  -e ve ne sono in abbondanza a Zurigo!-  guarda con occhi torvi e disgustati  il povero ciociaro che butta per terra il mozzicone di sigaretta o il fiammifero dopo aver acceso la sigaretta!

A pensarci bene questi Svizzeri sono alquanto singolari e ben strani: prima di tutto si sono preoccupati, per esempio, della sistemazione e conservazione del loro territorio montagnoso e franoso e in particolare della messa in sicurezza del patrimonio idrogeologico col risultato che, oggi e sempre, rarissimamente si sente parlare di frane o di smottamenti e solamente dopo tale opera   – dopo cinquanta/sessanta anni-  hanno, per esempio, iniziato a costruire le autostrade che ancora non sono terminate, mentre noi, certamente più previdenti e colti e proiettati nel futuro, abbiamo iniziato sessanta anni fa con la costruzione delle autostrade e ora tutto il paese è una frana e uno smottamento, come ben si conosce. Ma abbandoniamo questi argomenti difficili e parliamo invece delle esperienze di vita positive del nostro ciociaro che ha la buona ventura  di vivere nella città di Zwingli e di Duerrenmatt e delle Banche. Quali esperienze e che sconvolgimenti!

Ci fu una stagione nella Università di Zurigo, oltre cinquanta anni fa,  in cui insegnavano, tra gli altri, due professori particolarmente stimati, uno specializzato nella classicità tedesca e uno nel romanticismo e le loro lezioni erano  parecchio seguite ed apprezzate. In particolare il professore classico, Emile Staiger, quando  teneva le sue lezioni soprattutto su Goethe, il nostro ciociaro visse l’esperienza, credo rarissima, che durante le sue lezioni non solo la sua aula  rigurgitava di studenti quanto contemporaneamente si aprivano altre tre o quattro aule per consentire a tutti gli appassionati o curiosi o interessati di assistervi: cioè le sue lezioni, talmente apprezzate,  erano un avvenimento pubblico, aperte a tutti!

Sempre in contesto universitario, un’altra vicenda visse il  nostro ciociaro. Sempre all’università di Zurigo insegnava Filologia Germanica un professore che al solo osservare incuteva deferenza: alto, allampanato, magro, guance incavate, capelli biondi: il prof. Stephan Sonderegger, il quale  quando illustrava e declamava il poema di Hildebrando in antico alto tedesco o la bibbia in gotico antico,  pareva che entrasse in trance, tanti il godimento e il coinvolgimento e la fiamma interiore. E lo stesso gli studenti. Un giorno si sparse la notizia, infausta, che una Università tedesca aveva fatto una offerta parecchio allettante al professore per ‘chiamarlo’  a Berlino. Di norma in quei paesi i professori vengono assunti per ‘chiamata’. E’ duro  a credere ma gli studenti erano costernati al pensiero che il loro professore  potesse andare via. Avvenne una vicenda anche questa singolare e, diciamolo pure, straordinaria per il nostro povero ciociaro: il professore Sonderegger rifiutò l’allettante offerta della, mi pare, Libera Università di Berlino  e restò a Zurigo: e avvenne che una sera tutti gli studenti e non solo quelli della sua disciplina, organizzarono una grande manifestazione con torce e luminarie e andarono a ringraziare solennemente il professore per aver preferito restare nella città del fiume Limmat.

Sempre in contesto universitario una terza vicenda va raccontata, da noi pure difficilmente immaginabile non dico realizzabile, ma pur sempre istruttiva: il nostro ciociaro insegnava italiano e tedesco in una scuola cantonale  quindi statale e nell’arco del tempo divenne buon amico del direttore, anche lui solo e scapolo e ogni tanto andavano a mangiare assieme in una trattoria zurighese gestita notoriamente da vecchi socialisti esuli italiani ormai insediati nella città: la pasta asciutta era splendida e a buon mercato. In uno di questi incontri  raccontò una  vicenda che gli era capitata un paio di giorni prima: gli si erano presentati  nell’ufficio due signori in abito scuro da cerimonia e cappello a tuba; erano  due emissari della Università di Zurigo e gli chiesero se voleva occupare il posto di professore di Etnografia all’Università in quanto il titolare era morto e la cattedra era vacante: avevano preso atto che molti anni prima, il nostro direttore, laureato in Romanistica,  aveva redatto la sua tesi di dottorato  in etnografia,  all’epoca molto apprezzata dal collegio dei professori referenti, per cui gli proponevano se voleva  occupare la cattedra scoperta all’Università.  Sembra un altro mondo.

Sempre in ambito scolastico organizzativo una altra esperienza fece il  nostro ciociaro, inimmaginabile: periodicamente avevano luogo le assemblee degli insegnanti della scuola, molte centinaia, dove si discutevano i problemi dell’Istituto e anche, quando il caso, le nomine alle varie cariche direttive alle varie sezioni. Ecco come avveniva: ognuno che riteneva di possedere le qualità organizzative e le competenze professionali e didattiche  per ricoprire il posto direttivo in offerta, si alzava e davanti a tutti illustrava il proprio curriculum professionale e le proprie intenzioni e naturalmente rispondeva alle domande che gli venivano poste dall’assemblea. Vi erano sempre tre o quattro  candidati. Dopo le presentazioni, i professori presenti votavano per alzata di mano e sceglievano quello ritenuto più idoneo dalla maggioranza.  E subito al lavoro.

Molte altre sono le esperienze vissute e quindi occorrerebbero altre pagine. Ma una è irrinunciabile: oggi sperimentiamo una realtà, credo, anche essa tipicamente italiana: i tabacchi sono obbligati per Legge a vendere i francobolli ma ormai nessuno più, salvo le solite eccezioni, li commercia in quanto è divenuto troppo difficile  sia perché bisogna fare lunghe file alla posta,  sia perché se ne deve ordinare obbligatoriamente una certa quantità e  assortimento, sia poi lo scrivere lettere e cartoline è divenuto un aspetto ormai quasi raro della nostra esistenza: si aggiunga che il sistema postale è congegnato sempre più in maniera tale da perfino scoraggiare il piacere di scrivere una lettera o di mandare una cartolina: la Posta è divenuta una Banca! Per cui avviene che  l’infelice che vuole scrivere una lettera e comprare un francobollo deve fare il giro dei tabacchi nella speranza di trovarne uno che abbia i francobolli. Di solito non trova niente e allora che succede se vuole spedire la lettera? Deve andare ad un ufficio postale, fare le consuete lunghissime file, perdere qualche ora di tempo e alla fine avere non il francobollo bensì il timbro sulla busta. Cioè il sistema vuole e sta ottenendo di scoraggiare dallo scrivere! Sono in effetti delle stranezze in quanto, per esempio, se si va in Germania quasi tutti i furgoni postali recano grosse scritte: “Scrivi ancora!” cioè ti si incoraggia a scrivere! Da noi è l’esatto contrario! A Parigi la distribuzione della posta  avviene due o tre volte al giorno, da noi due o tre volte -non è sicuro- la settimana! E il nostro povero ciociaro in Isvizzera? Già cinquanta/sessanta anni fa, per la lettera da spedire a casa  era normale per  lui  acquistare il francobollo  non solo alla posta e nei pubblici esercizi quanto anche,  ancora più comodamente,  alle numerose macchinette automatiche sparse in città!