FATTI AD ARTE

IL CIELO IN UNA STANZA

di Stefano Di Palma

Oggi si prende in prestito il titolo di una nota canzone per descrivere delle pitture (una in particolare) di secoli fa, eseguite da un artista che fu tra i protagonisti assoluti dell’Arte Rinascimentale, ovvero Andrea Mantegna (1431-1506).

Nel 1460 circa Andrea Mantegna si trasferisce a Mantova, su richiesta del marchese Ludovico Gonzaga per ricoprire il ruolo di artista di corte. A Mantova il pittore rimane fino alla morte, legando il proprio nome alla cultura di questa raffinata corte del Nord, dove la passione per il mondo classico si traduce in una grande attività artistica, costruttiva e collezionistica che collima con il fondamento della formazione giovanile del Mantegna appresa a Padova presso la bottega dello Squarcione.

La decorazione ad affresco dell’ambiente ubicato nel Palazzo Ducale denominato Camera degli Sposi, è stata eseguita da Andrea Mantegna, tra il 1471 e il 1474. Tale definizione data alla stanza pressoché di forma cubica deriva, probabilmente, dalla cerimonia di fidanzamento che si svolse nel 1462, quando Margherita di Wittelsbach venne promessa sposa a Federico Gonzaga terzo marchese di Mantova. La stanza è conosciuta anche come Camera Magna o Camera Picta e sappiamo che fu un ambiente adattato di volta in volta anche come studio del marchese (in cui in alcune circostanze venivano accolti gli ospiti in visita ufficiale) oppure come stanza da letto.

Nelle scene delle pareti, che rappresentano la Corte dei Gonzaga, l’Incontro di Ludovico Gonzaga con il figlio Francesco appena eletto cardinale ed episodi secondari, il Mantegna ricostruisce come in un film dei fotogrammi sui contesti cortigiani e sulla storia della famiglia dei Gonzaga ideati con solennità, pacatezza e grande eleganza. Le scene si svolgono tra architetture e paesaggi dipinti riuniti in una calibrata formula che garantisce un allargamento artificiale della sala mediante un gioco illusionistico, che alterna spazio reale e spazio dipinto.

L’artista raggiunge l’apice dell’illusionismo ottico nella volta della camera. Sul soffitto dorato della stanza si trovano dipinti i ritratti dei primi otto imperatori romani. La stessa scelta cromatica che simula il metallo prezioso e inossidabile, richiama l’eterna gloria a cui appartengono coloro che si sono guadagnati la fama immortale alla quale aspira la dinastia dei Gonzaga. Nelle vele, il gusto antichizzante è palpabile mediante la visualizzazione dei miti di Orfeo, di Arione, di Ercole proposti quali modelli esemplari delle virtù del committente.

Il fasto di questa ricercata architettura dipinta s’interrompe al centro della volta che sfonda sul libero cielo attraverso una finta apertura circolare. Si tratta di una balconata dalla quale si affacciano figure ritratte in ardito scorcio aereo. Si ricorda che questa modalità precorre un nuovo genere di pittura che avrà enorme successo nel Cinquecento e nel Seicento.

L’oculo ideato dal Mantegna è il primo esempio di prospettiva dal basso verso l’alto che permette di vedere il cielo solcato dalle nuvole in movimento. E’ un effetto trompe l’oeil che si ispira anche all’apertura circolare ricavata nella cupola del Pantheon, ovvero l’antico tempio che gli imperatori edificarono a Roma dedicandolo a tutte le divinità passate, presenti e future.

Con quale espediente Mantegna solletica la nostra attenzione? Semplicemente mettendo in atto un inno alla vita. Il gioco, la leggerezza e la freschezza dell’esistenza qui si esibiscono e ci esemplificano che guardare in alto non è poi così male. Si vedono allora dei putti curiosi, festosi e spericolati che si affacciano dalla recinzione e che la oltrepassano quasi a cercare la nostra attenzione; alcune cortigiane poi ci guardano incuriosite mentre trattengono con un bastone un recipiente che rischia di caderci in testa. Anche un pavone trova posta in un simile contesto.

Sulle teste di noi visitatori e su quelle dei personaggi raffigurati si staglia un cielo azzurro tracciato da candide nubi, effetto stupefacente che trasfigura in mito una semplice scena cortigiana.

Oltre le straordinarie capacità tecniche ed artistiche, del Mantegna, che ovviamente in questo caso celebrano la famiglia Gonzaga, è geniale il concetto che sta alla base di una simile opera la quale ci manifesta ancora oggi come l’Arte sia una realtà viva e pulsante e non una forma di linguaggio relegato ad un lontano passato.

Innovativo è il fatto che l’osservatore sia messo in condizione di interagire con il dipinto: chi guarda l’oculo si trova nel presente mentre i personaggi raffigurati ci vengono incontro dal passato; per un attimo si annullano le distanze temporali e troviamo un contatto, fatto di sguardi reciproci, basato sullo stupore. E’ quest’ultimo elemento che costituisce uno dei principali sapori della vita umana che si consuma perennemente sotto il più grande sguardo, ovvero quello di un unico cielo.