FATTI AD ARTE

LA MORTE E L’ASSUNZIONE DELLA VERGINE NELLE OPERE DI MANTEGNA E TIZIANO

di Stefano Di Palma

Con la Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus di papa Pio XII composta nel 1950, la Chiesa Cattolica proclama il dogma dell’Assunzione al cielo della Vergine Maria.

Il 15 agosto è il giorno in cui si ricorda questo avvenimento inteso dalla Chiesa Ortodossa come ricorrenza della Dormizione di Maria (la Vergine non sarebbe veramente morta, ma solo caduta in un sonno profondo) mentre la Chiesa Cattolica ne prevede direttamente l’Assunzione in cielo (in anima e corpo). Diverse sono le tradizioni. La dormizione della Vergine sarebbe avvenuta a Gerusalemme poco dopo la morte di Cristo e gli apostoli dopo aver sepolto il corpo avrebbero poi trovato vuoto il sepolcro; due chiese  sorgono sui luoghi in cui si sarebbe consumato l’evento: la prima si trova sul monte Sion sul luogo dove sarebbe avvenuto il trapasso, la seconda si trova nella valle del Cedron, vicino alla Basilica dell’Agonia adiacente al Getsemani,  dove sarebbe avvenuta la sepoltura e tutt’oggi si venera la tomba vuota di Maria. Un’altra tradizione sostiene invece che la Madre di Cristo sarebbe vissuta ancora molti anni e che la sua morte, preannunciata dall’arcangelo Gabriele, sarebbe avvenuta a Efeso dove la Vergine si era trasferita al seguito di San Giovanni Apostolo.

Da una simile varietà d’interpretazioni sulla fine della vita della Madonna, derivano le due principali tendenze illustrative che si sono affermate nei secoli e che conoscono varie evoluzioni interne. In ambito orientale le raffigurazioni si concentrano sulla scena della Dormitio che prevede la Vergine stesa sul letto funebre, circondata dagli apostoli, mentre la sua anima, accolta in Paradiso, è presentata come una bimba in fasce tenuta in braccio da Cristo che in questo tipo di rappresentazioni sovrasta la scena. In ambito occidentale, pur non ignorando il fascino di una simile iconografia che nei secoli è variamente riproposta, ci si concentra sul momento dell’Assunzione che può prevedere il sepolcro vuoto, gli apostoli sorpresi che assistono all’evento e sempre la Vergine che ascende al cielo accompagnata da uno stuolo di angeli.

In pittura, esempi famosi ci sono offerti da due opere di Andrea Mantegna (1431-1506) e di Tiziano Vecellio (1488/90-1576). A Mantova, il primo incarico che Mantegna esegue per Ludovico Gonzaga è la decorazione di una cappella nel Castello di San Giorgio, la fortezza trecentesca che il marchese ha trasformato nella sua residenza. Al 1460 circa risale il dipinto raffigurante la Morte della Vergine, ora a Madrid, eseguito per questo ambiente.

Con un’inventiva eccezionale, il pittore riconduce il funerale della Vergine entro un salone racchiuso da colonne e impreziosito da un pavimento marmoreo; nell’opera, si mette in evidenza la liturgia che si svolge intorno alla Madonna morente rappresentata anziana e distesa su un letto che sembra una barella. Gli apostoli non eseguono il doveroso rito della lamentazione ma hanno le bocche aperte come se stessero intonando un responsorio. Una simile interpretazione è confermata dalla gestualità dei presenti. Alcuni apostoli recano delle candele accese e, soprattutto, san Pietro, ritratto con vesti liturgiche, è colto mentre legge delle orazioni da un libro di preghiere accompagnato da due apostoli-assistenti: uno regge il secchiello con l’acqua benedetta mentre l’altro incensa il corpo con il turibolo. Come è stato efficacemente notato, lo spazio lasciato libero in primo piano invita lo sguardo dell’osservatore a soffermarsi sulla Vergine per poi dirigersi oltre la finestra aperta sullo sfondo dove Mantegna, con grande abilità, ha riprodotto una veduta autentica del Mincio con il ponte San Giorgio; si tratta di una vista che ai contemporanei doveva apparire immediatamente riconoscibile e che contestualizza nuovamente l’avvenimento sacro. Nel corso del Cinquecento la cappella di Ludovico Gonzaga subì diversi rifacimenti e le opere di Mantegna vennero staccate. Si spiega così la mancanza di un frammento che doveva costituire il coronamento di quest’opera ora conservato a Ferrara e raffigurante, in ossequio alle citate tendenze illustrative, Cristo con l’animula della Madonna (cfr. T. PAULI, 2001).

Di straordinaria potenza espressiva è invece l’Assunta dipinta da Tiziano tra il 1516 ed il 1518 come pala d’altare della chiesa di Santa Maria dei Frari a Venezia. Alta quasi sette metri è l’opera di maggiori dimensioni eseguita dall’artista. Si tratta di una grandiosa composizione dove prevalgono colori caldi che esaltano la concitazione dell’evento. Lo schema prevede tre gruppi: gli esagitati apostoli ammassati sulla terra, gli angeli che accompagnano la Vergine che a mani aperte si rivolge verso l’alto e Dio Padre pronto ad accoglierla in cielo. Il busto dell’Eterno è disposto da Tiziano leggermente in diagonale (per evitare statiche simmetrie) si staglia sul dorato fondo dell’Empireo e contribuisce così alla resa del sentito ritmo che movimenta l’intera scena (cfr. S. ZUFFI, 1998). L’Assunta dei Frari, esposta al pubblico nel 1518, suscitò grande ammirazione ma anche perplessità e discussioni tra gli intellettuali ed artisti del tempo a causa del grande formato, dei gesti eloquenti dei personaggi e della stesura cromatica che esprimono un’energia senza precedenti: dalla redazione di quest’opera la fama di Tiziano conosce una grande ed inarrestabile ascesa che lo proietta al di fuori dei confini della Serenissima.