AMBIENTE

Sin Valle del Sacco, Confapi: finalmente un segnale di attenzione

Riportiamo di seguito la nota di Antonella Mazzocchia, Presidente Confapi – Confederazione delle Piccole e Medie Imprese di Frosinone:

La notizia riportata  dai media è un importante segnale di attenzione che, da mesi, aspettavamo per il nostro territorio. Mi riferisco alla gara di affidamento dei servizi di rimozione dei rifiuti dei primi otto siti del Sin della Valle del Sacco. Sono tutti ex stabilimenti industriali: Annunziata e Snia-Bpd di Ceccano, polveriera di Anagni, cartiera di Ferentino, tre di Ceprano (Vita Mayer, Europress e Olivieri) e  Ponti La Selva di Paliano.
Contestualmente sarà dato anche supporto logistico al monitoraggio delle acque a uso potabile, irriguo e domestico in tutti e diciannove i comuni interessati dal Sito di interesse nazionale.
Ebbene, questo intervento (che dovrà essere concluso entro tre anni)  deve mettere fine all’incredibile palleggio di responsabilità che, da anni, caratterizza il risanamento della Valle del Sacco.
La recente decisione del Ministero di rinviare al mittente la richiesta di “riperimetrazione”  avanzata dalla Regione Lazio (dopo il caso Catalent) ne  è l’ennesima dimostrazione.
Va ricordato, infatti, che nel luglio del 2014 il Tar del Lazio bocciò   il Ministero dell’Ambiente sul declassamento del Sito, da Interesse Nazionale (SIN) a Sito di Interesse Regionale (SIR).
Il Ministero, infatti, nel 2013,  sulla base delle valutazioni dei suoi dirigenti e funzionari, aveva declassato quest’area trasformandola in Sito di Interesse Regionale. Un’operazione che aveva un obiettivo ben preciso:  lasciare che fosse la Regione ad occuparsi della Valle e degli interventi anti-inquinamento.
Un’operazione realizzata in sordina, senza alcun coinvolgimento delle comunità. Contro questo declassamento proposero ricorso, appunto, Regione e ambientalisti.
Ora, invece, le posizioni si sono invertite: è la Regione che si è attivata per ridefinire i confini, chiedendo, appunto, al Ministero della Transizione Ecologica,  una nuova riperimetrazione, ma la richiesta è stata rinviata al mittente perché sbagliata la procedura.
E in questo rimpallo di iniziative e di competenze le aziende continuano a fuggire.
Ora la Regione si è dichiarata pronta ad avviare un nuovo iter, concordato con il Ministero. Ma questo balletto di posizioni sta disorientando le  aziende che hanno bisogno di due punti fondamentali: 1) sicurezza  della procedura; 2) certezza sui tempi. Non cerchiamo  polemiche, bensì  certezze. Condizioni che (soprattutto dopo l’intervento del Governatore Zingaretti di fronte al Capo dello Stato) sembravano dei punti fermi su cui non si poteva più tornare indietro. Lo stesso Zingaretti ha riconosciuto che il SIN <è figlio di errori e di illusioni>. E il decreto che ne è seguito <ha finito per bloccare tutto>.
Ecco il punto: vincoli, interpretazioni e burocrazia non hanno fatto scappare solo la Catalent (il cui investimento da 100 milioni di dollari, destinato ad Anagni, è stato dirottato ad Oxford) ma ci sono decine di medie e piccole imprese che rappresentano altrettante “piccole Catalent”. Perché l’elenco degli investimenti “in fuga” o congelati si allunga di mese in mese: da aziende di medie-grandi dimensioni  per finire a decine di altre realtà industriali minori.
E allora, per uscire da questo groviglio di competenze,in attesa della riperimetrazione,ribadiamo, c’è una sola via di uscita: la convocazione urgente di un tavolo tecnico in cui siano presenti imprenditori, associazioni e tecnici. Potrebbe essere promosso dal Ministero della Transizione Ecologica, dal Ministero dello Sviluppo Economico oppure da altro Ente preposto coinvolgendo ovviamente tutti gli enti interessati  che operano sul territorio e che hanno dimestichezza con le problematiche che stanno bloccando  il recupero di questo bacino e lo sviluppo del territorio. In questo modo, avviando un censimento delle aziende  bloccate dai vincoli del “SIN” –  sia rivolgendoci al Ministero, ma anche alla Regione e all’Arpa – potremo sapere innanzitutto quante sono le pratiche ferme; quali sono i punti più ardui da superare; quali sono le soluzioni da proporre e a quanto ammonta il capitale “congelato” e l’occupazione prevista.
E sia ben chiaro: bisogna fare presto. La nuova perimetrazione (che serve ad escludere, da subito, le zone in cui è certo che non c’è inquinamento) non è  più rinviabile , pena la marginalizzazione di tutta l’area industriale che va da Colleferro a Ceprano, ma bisogna anche sbloccare da subito gli investimenti in attesa di autorizzazione.
Ma si tratta di aspetti tecnici sui quali solo un tavolo «ad hoc» può dare risposte definitive. L’importante, ripeto, è fare presto. Le  aziende non possono più aspettare.