FATTI AD ARTE

UNA VITTIMA DEL FREDDO – LA PALA DI BRERA

di Stefano Di Palma:

Tra i vari danni provocati dal clima freddo che ha caratterizzato il mese di gennaio, si annovera il completo tilt dell’impianto di condizionamento della Pinacoteca di Brera che ha messo in serio pericolo alcune opere ivi conservate. Ciò ha comportato lo spostamento dei due dipinti più a rischio e la disposizione di operazioni di “pronto soccorso”, mediante l’applicazione di vistosi cerotti, su circa quaranta opere d’arte. L’aria molto fredda e secca che ha avvolto Milano, unita al blocco del riscaldamento, ha comportato una drastica scesa dell’umidità relativa nelle sale: una seria minaccia per i dipinti messi così a rischio di dilatazione dei supporti da cui sarebbe scaturito un distacco della pellicola pittorica.

I capolavori sono stati ricoperti nelle zone più interessate dal fenomeno da sottili fogli di carta velina giapponese utili all’arresto di eventuali perdite di colore. Una delle più importanti opere velinate è La Madonna e santi con Federico da Montefeltro dipinta dal genio rinascimentale che incentra tutta la sua produzione artistica sullo studio della prospettiva di radice matematica e geometrica: Piero della Francesca (1415/1420-1492).

Il dipinto, una tempera su tavola ascrivibile agli anni 1472-1474, fu trasportato a Brera nel 1810 con erronea attribuzione a Fra Carnevale; l’opera proveniva dalla chiesa di San Bernardino di Urbino e si riferisce al periodo in cui l’artista lavora per il duca Federico da Montefeltro.

Si tratta di una delle ultime creazioni eseguite da Piero della Francesca e tra le più famose. Il tema sviluppato dall’artista è quello della Sacra Conversazione. I personaggi si trovano, infatti, all’interno di una monumentale architettura di sapore classico sapientemente studiata dal pittore, visto che, oltre a presentarci una splendida selezione di elementi desunti dallo studio dell’antico, interagisce con i personaggi disposti a semicerchio ed allineati agli specchi di marmo che qualificano l’edificio.

Al centro, si trova seduta su un trono la Madonna che sostiene sulle gambe il Bambino dormiente; si rintraccia poi la presenza di sei santi (tre per ciascun lato) a sinistra Giovanni Battista, Bernardino da Siena e Gerolamo, a destra, Francesco, Pietro Martire e Andrea; in secondo piano quattro figure angeliche chiudono questa sequenza mentre di nuovo in primo piano a destra e inginocchiato sul pa,vimento, si scorge il personaggio chiave relativo alla genesi dell’opera, ovvero il duca di Urbino Federico.

Il significato e i riferimenti alle vicende della vita del committente non sono del tutto chiare, tuttavia esistono delle spiegazioni verosimili. Si è ipotizzato che la tavola rivesta un carattere votivo e che con essa si volesse celebrare la nascita di Guidobaldo, erede di Federico, e commemorare la scomparsa della consorte Battista Sforza, morta pochi mesi dopo il parto e che per tale motivo non comparirebbe nel dipinto.

Una simile spiegazione trova significativo collegamento nell’inserimento di un uovo di struzzo che pende dall’abside al centro dell’opera e in corrispondenza della testa della Madonna. L’inserimento di questo elemento, come realmente accadeva in alcuni casi sopra gli altari delle chiese (nonché oggetto anche presente nelle Camere delle Meraviglie di principi e regnanti d’Europa) ha un preciso valore simbolico legato al concetto di generazione e riferito alla nascita dell’erede maschio. Questo raro motivo è ripreso dalla descrizione di Pausania del Tempio di Leda, dove si adorava, proprio appeso ad un nastro, l’uovo nato dall’unione di Leda con Giove tramutato in cigno e da cui nacquero Castore e Polluce.

Prende così sostanza il traslato del racconto antico nell’era cristiana, visto che tale presenza si presta a simboleggiare la concezione di Cristo, per mezzo di Maria e per opera dello Spirito Santo; d’altronde l’uovo è simbolo dell’amore divino e, come la conchiglia, cui è qui collegato, simbolo cosmico di antica origine.

L’uovo di struzzo richiama anche le insegne dei Montefeltro sulle quali compariva come animale araldico. Il committente è raffigurato con indosso l’armatura mentre prega a mani giunte; con grande forza evocativa, questo gesto viene ripetuto dalla Madonna che accoglie così la preghiera di questo potente uomo e s’impegna a trasmetterla al Figlio. Il prestigio sociale di Federico è esibito ma al contempo si piega alla divinità visto che il duca ha un’armatura da condottiero, ma in segno di umiltà ha deposto l’elmo, le manopole e il bastone di comando.

In questo dipinto si riscontrano tutti i valori della ricerca artistica e scientifica di Piero della Francesca; infatti le figure dei protagonisti sono costruite con purezza formale e sono presenti i frutti degli studi sull’azione esercitata dalla luce sui colori nonché quelli sulla scienza prospettica. Da grande maestro, l’artista focalizza alcuni dettagli come ad esempio quello dell’elmo ammaccato a causa di un violento colpo che riflette, in modo deformato, la figura del duca: una probabile allusione ad un pericolo scampato e dunque spia di un secondo voto del committente insito in questo capolavoro.