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VITTORIO DE SICA, LE CASCATE DEL LIRI E LA ZINGARA: DA UN ARTICOLO DE ‘IL TEMPO’ DEL 1964

di Gianpiero Pizzuti

Oggi che è l’anniversario della nascita di Vittoriio de Sica, ho avuto spesso modo di ricordarlo con quest’articolo trovato nell’archivio di mio padre Romolo (nella foto). Una storia non più inedita per averla spesso riproposta su giornali cartacei ed on-line negli ultimi anni. Un racconto romantico nato sul ponte della Cascata Grande nella nostra Isola del Liri e raccontata al cronista di turno che era mio padre e che mai, però, aveva avuto modo di raccontarmela.

Una zingara aveva letto la mano di De Sica esclamando: “Diventerai vescovo della Santa Romana Chiesa”, ma il bambino che da ore era fermo ad ammirare la Cascata Grande ad Isola del Liri cento anni fa prese un’altra strada, di quelle che passano direttamente in Paradiso anche sulla terra. Il grande Vittorio De Sica si “perse” ad Isola del Liri ed una zingara lo riportò a casa, era il 1907. La straordinaria storia è sbucata fuori, come detto, dall’archivio di mio padre Romolo, che il 15 gennaio 1964 scriveva: “Verso le 10 di questa mattina tra lo stupore dei cittadini isolani, i quali stentavano a credere ai loro occhi, è giunto nel nostro paese l’attore ciociaro Vittorio De Sica, insieme al regista e due cine-operatori. Egli, a quanto ci ha riferito, è impegnato a girare un documentario in terra ciociara intorno alla sua vita per la TV americana. L’episodio, ripreso in una stradetta che costeggia il fiume Liri a pochi passi dalla cascata grande, narra il suo smarrimento avvenuto quando ancora non aveva raggiunto l’età della ragione. Sentiamolo dalla sua narrazione viva e briosa: 'All’età di circa 6 o 7 anni, uscendo di casa, inosservatamente, mi smarrii sul grande rettilineo che unisce Sora ad Isola del Liri. Camminai senza alcuna cognizione di orientamento e dopo aver peregrinato per diverse ore, giunsi sul ponte di Isola del Liri. Affascinato e colmo di stupore per lo scrosciare delle acque della grande cascata, rimasi a lungo tempo ad ammirarla. Scendeva ormai la sera e la mia presenza insospettì qualcuno. Non i tutori dell’ordine pubblico, ma una zingara; questa non solo mi riconsegnò ai miei genitori, ma leggendo nel palmo della mia mano mi predisse altresì che sarei diventato vescovo di Santa Romana Chiesa'. Facevano da scenario alla narrazione di questo episodio il castello Viscogliosi e la grande cascata spumeggiante, intorno una folla di curiosi ed ammiratori e la forza pubblica per mantenere l’ordine. (da Il Tempo 15.01.1964 Romolo Pizzuti)

Vittorio De Sica nasce a Sora il 7 luglio 1901 da una famiglia della piccola borghesia, ma trascorre gli anni della fanciullezza a Napoli, dove si diletta di recitazione sin da giovanissimo: nel cinema, esordisce nel 1918 rivestendo un ruolo secondario ne “Il processo Clemenceau” di Bencivenga. Dipoi, compare in altri film, mettendo a punto il proprio personaggio di giovinotto brillante e scanzonato: il grande successo di pubblico lo raggiunge però solo nel 1932, quale protagonista di “Gli uomini, che mascalzoni!” di Mario Camerini. La sua carriera prosegue divistica con pellicole di valore diseguale – delle quali vanno ricordate, sempre per la regia di Camerini, “Darò un milione” (1935), “Il signor Max” (1937) e “Grandi magazzini” (1939) – e debutta infine dietro la macchina da presa con “Rose scarlatte” (1940), adattamento di un testo teatrale di successo.Dopo aver firmato alcune piacevoli commedie, egli muta registro con l’intenso “I bambini ci guardano’” (1943), che annuncia la leggendaria stagione del neorealismo e segna l’inizio della fortunata collaborazione con Cesare Zavattini: è da essa, infatti, che prenderanno le mosse “Sciuscià” (1946) e “Ladri di biciclette” (1948), entrambi premiati con l’Oscar ed entrati a far parte della storia del cinema mondiale. “Miracolo a Milano” (1951) ed “Umberto D.” (1952) consacrano la maestria di De Sica e ne segnano l’apogeo di autore: in seguito, solo in rare occasioni – citiamo almeno “L’oro di Napoli” (1954), “La ciociara” (1960), “Ieri, oggi, domani” (1963), “Il giardino dei Finzi Contini” (1970): gli ultimi due gli frutteranno nuovamente l’Oscar . A seguito di un’operazione ai polmoni muore a Neuilly (Francia) il 13 novembre 1974.

Vittorio De Sica è l’unico regista italiano ad oggi ad aver vinto quattro premi oscar, nessun italiano ha fatto meglio di lui.