FATTI AD ARTE

IL FASTO DELL’OMAGGIO DEI RE

di Stefano Di Palma

I soggetti delle opere d’arte non sono mai scelti senza un motivo. Nella Firenze rinascimentale e dunque in una società di grandi banchieri l’Adorazione dei Magi rimanda all’omaggio dei potenti della terra al Dio nato povero, ma anche al favore di Dio per chi, dotato di tanti beni, li impiega per fini santi (G. C. ARGAN, 1994). Alcuni importanti dipinti raffiguranti questo soggetto sono stati eseguiti a Firenze nel corso del Quattrocento; tra questi spicca quello di Gentile da Fabriano, oggi conservato presso la Galleria degli Uffizi, ma realizzato nel 1423 su commissione del ricco mercante Palla Strozzi per l’altare della propria cappella gentilizia nella chiesa della Santa Trinità.

La ricca cultura dell’artista, basata nella sostanza sul linguaggio lombardo e franco-fiammingo, si manifesta in questa pala d’altare. Nella sontuosa cornice gotica intagliata e dipinta che potrebbe suggerire a prima vista una triplice scansione della scena, la composizione centrale occupa invece tutto lo spazio a disposizione; il soggetto religioso, l’Adorazione dei Magi è completamente trasceso dal ruolo assunto dai personaggi, intesi come protagonisti di una felice e festosa cerimonia mondana.

Sono proprio i re magi vestiti di oro e di broccato, i cavalli bardati a festa e i cavalieri in ricchi costumi che formano un popolato corteo che si snoda lungo il paesaggio a determinare il tono aulico della scena dove atmosfera fiabesca, colore, lusso, immaginazione e al contempo attenta restituzione degli elementi che compongono l’ambiente sollecitano e distraggono l’occhio dell’osservatore: la nascita di Cristo diventa così racconto da favola e l’omaggio dei re una festa di corte.

Di tutt’altra intonazione sono le tre scene della sottostante predella dove il fasto e la sontuosità dell’Adorazione lasciano spazio ad ambientazioni più intime e spirituali abitate da pochi personaggi. Nelle prime due storie della predella sono raffigurate la Natività e la Fuga in Egitto dove gli effetti di luce notturna della prima e crepuscolare della seconda accolgono poeticamente l’essenza del Natale. Nella terza scena, la Presentazione al Tempio, il pittore esegue un paesaggio urbano con architetture in prospettiva che richiamano la Firenze rinascimentale; proprio in questo episodio si colgono gli influssi della pittura fiorentina e senese del tempo che evidentemente Gentile assorbe.

Gentile da Fabriano è una figura chiave del Gotico internazionale in Italia di cui si fa interprete proponendo soluzioni originali basate sulla sperimentazione e manipolazione dei materiali e della pittura al fine di indagare i diversi aspetti delle superfici e delle materie. Nato a Fabriano, Gentile è spesso in viaggio e la sua arte segna i territori dove egli soggiorna. Formatosi verosimilmente a Pavia nell’ultimo decennio del secolo XIV, il pittore, ormai famoso, nel 1408 viene chiamato a Venezia con il prestigioso incarico di provvedere alla nuova decorazione della sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale. In questo periodo egli esercita un’influenza enorme sull’ambiente artistico lagunare. Nel 1414 Gentile entra al servizio di Pandolfo III Malatesta, allora signore di Bergamo, Brescia e Fano; in questo periodo l’artista pur lavorando a Brescia fino al 1419, mantiene rapporti sia con Venezia sia con committenti dell’Italia centrale. Successivamente il pittore si stabilisce a Firenze per cinque anni dove, oltre l’Adorazione dei Magi suo capolavoro, esegue diverse opere per la devozione privata e alcuni polittici. Dopo aver lasciato sue opere a Siena e Orvieto, Gentile approda a Roma dove riceve diversi incarichi fra i quali primeggia l’esecuzione di un ciclo di affreschi nella basilica di San Giovanni in Laterano su commissione di papa Martino V.

I dipinti rimangono però incompiuti alla morte dell’artista e sono completati dal Pisanello. Non sussiste alcuna traccia di questo ciclo pittorico poiché nel Seicento viene distrutto durante i lavori di rifacimento della basilica lateranense nel segno di uno stesso destino che purtroppo ha colpito altre opere del pittore marchigiano (F. COLTRINARI, 2006).