ARTE IL CAMEO, ARTE E TRADIZIONE

SORA – IL SANTO NERO DELLA CATTEDRALE

di Stefano Di Palma

Il culto di Nicola, santo festeggiato tradizionalmente il 6 dicembre, conosce grande impulso in epoca tardo antica e medievale; due sono le città che si contendono la principale devozione: Demre in Turchia, la Mira di un tempo, ossia la città dove è morto questo vescovo, e Bari in Puglia, dove nella splendida basilica romanica dal 1087 si conservano le sue spoglie.

Anche a Sora si conoscono forme di culto verso questo intercessore al quale risulta dedicato un altare nella cattedrale a partire dal 1590. Nel secolo XVIII questa indicazione cronologica risulta inscritta ai piedi dell’altare assieme ai padroni del vano, ovvero alcuni membri della famiglia Annoni. Un tempo questo spazio era decorato con pitture raffiguranti diversi santi, mentre odiernamente sussiste la tela principale, rappresentante il vescovo di Mira, e la ricca decorazione in stucco di gusto barocco che costituisce l’intelaiatura architettonica che ospita il dipinto. Quest’ultimo è così descritto in una Visita Pastorale del 1703: “Con l’effigie di san Nicola vestito pontificalmente, con un libro in mano e tre palle d’oro sopra il libro. Di sopra da una banda vi è una figurina di Gesù Salvatore e dall’altra quella della beata Vergine. Di sotto vi è un paggetto con boccale in mano, e dall’altra parte si vedono tre figliolini che escono da un barile”.

Il dipinto, un modesto esempio del secolo XVII, è poco leggibile a causa delle varie cadute di pigmento di cui soffre nonché di un offuscamento generale dei colori; come ci ricorda la descrizione, effettivamente il comprendere ciò che è raffigurato in questa tela costituisce il suo vero interesse. Sin dall’antichità Nicola viene raffigurato come un vescovo orientale, anziano e benedicente che reca con sé il vangelo. Successivamente sia in ambito bizantino sia occidentale, il santo appare in diverse pitture affiancato dagli episodi celebri della sua vita e dai miracoli operati. Il pittore della pala d’altare di Sora non ignora questo repertorio come attesta la presenza degli abiti liturgici che egli indossa e del libro-vangelo. Quest’ultimo è sormontato da tre sfere d’oro che si collegano all’episodio detto “Elemosina di san Nicola” (narrato anche nella Leggenda Aurea) dove si ricorda il soccorso prestato dal santo ad un nobiluomo caduto in stato di povertà tanto da essere costretto a consentire la prostituzione delle sue tre figlie: il racconto tramanda che per tre notti consecutive Nicola gettò una borsa d’oro nella finestra dell’abitazione del disgraziato uomo creando in tal modo una dote per le tre fanciulle così salvate da un destino infame.

Anche i personaggi situati ai piedi del santo vescovo ricordano i protagonisti di due miracoli. Il giovane paggio si ricollega all’episodio del nobile Deodato preso in ostaggio da un crudele pagano e costretto a servirlo come coppiere finché, grazie all’intervento di san Nicola, fu ricondotto presso la sua famiglia. Il gruppo dei tre fanciulli ricorda l’episodio dell’uccisione degli stessi durante una carestia; il massacro fu effettuato da un oste che li aveva messi sotto sale per darli in pasto ai suoi clienti: Nicola li resuscitò facendoli uscire illesi da una vasca come si vede puntualmente nel dipinto (cfr HALL, 2007).

A schemi antichi, che rendono particolarmente attraente questa pittura della cattedrale di Sora, si collega la presenza delle piccole figure del Cristo e della Vergine poste in alto: il primo dona a Nicola il vangelo, la seconda la stola bianca. Si può cogliere in questi particolari un riferimento ad una leggenda del secolo X secondo la quale Nicola, sognando la sua futura consacrazione episcopale, vide Cristo e la Vergine che gli offrivano i simboli del suo ufficio. La più remota raffigurazione del genere ancora conservata è costituita da un’icona del secolo XI del monastero di San Giovanni a Patmo.

La pala d’altare di Sora costituisce un interessante esempio poiché un simile schema desunto dalla tradizione ma di età moderna trova, se pur esistenti, non facili riscontri. Un esempio conosciuto è quello custodito nella basilica di San Nicola a Bari collocato al di sopra dell’altare in argento del 1684 opera di Scuola Napoletana. Il dipinto è probabilmente un residuo della decorazione settecentesca della chiesa e mostra una migliore fattura artistica; l’immagine è molto venerata dai fedeli, che a causa dell’incarnato scuro definiscono il santo come “nero”. E’ stato ipotizzato che l’iconografia del dipinto conservato a Bari sia un probabile frutto della devozione popolare nel segno di una sorta di rilettura della tradizione.

Nonostante le differenze esistenti tra i due esempi, anche Sora, vuoi per l’incarnato scuro dell’effigiato, vuoi per il generale offuscamento che pervade il dipinto, può vantare la presenza del suo santo “nero”(cfr. S. DI PALMA, 2015).