FATTI AD ARTE

MONDRIAN – L’EQUILIBRIO DI RAPPORTI TRA LE FORME

di Stefano Di Palma

Piet Mondrian (1872-1944)  tra il 1911 ed il 1914 trasforma la sua pittura naturalistica – astraente, tipica della sua produzione del primo decennio del Novecento, in una rielaborazione e in un superamento dell’astrazione cubista (assorbita durante il suo soggiorno a Parigi) tale da giungere, entro il 1920, a definire un nuovo linguaggio da lui chiamato Neoplasticismo; esso prescinde del tutto dalle apparenze delle forme naturali e si basa su un rigoroso e intellettuale sistema di rapporti tra linee, colori e piani.

Nel 1909 l’artista aderisce alla Società Teosofica Olandese e la sua ricerca, focalizzata sulla costruzione pittorica di rapporti, presenta forti analogie con l’interpretazione della vita e del mondo elaborata dai teosofi. Mondrian assorbe il tema centrale della teosofia, ovvero l’interpretazione dell’origine e dell’evoluzione del mondo. Secondo la mitologia teosofica in origine è l’Uno, l’universale, un’età in cui l’esigenza di rappresentare il bello non esiste poiché gli esseri viventi vivono fuori dal tempo e dallo spazio in completa armonia con l’universo; tutto è risolto nell’Uno, non esiste dualità: le differenze tra spirito e materia, tra interiorità ed esteriorità, tra maschile e femminile non trovano spazio. In seguito avviene la rottura di questa totalità originaria e dunque si formano i dualismi, l’umanità diviene cosciente e nasce la disarmonia tra l’uomo e la natura; inizia, però, anche il processo di evoluzione che mira al ritorno all’unità. Attraverso l’arte si costruisce la rinnovata unità da raggiungere dove si risolveranno i dualismi ma, a differenza delle origini, ciò avverrà in condizioni di coscienza e di nuovo allora l’arte non sarà più.

Si spiega così la ricerca di Mondrian che si svolge in termini sempre più complessi e astratti, dove sperimenta l’articolazione della dualità, cioè la costruzione equilibrata dei contrari. Il rapporto tra la direzione verticale e quella orizzontale, tra la linea retta verticale e la linea retta orizzontale diventa il motivo generatore della sua ricerca: l’equilibrio è il fine, ma esso va raggiunto sviscerando la dualità, il contrasto. Il linguaggio proposto dall’artista è molto lontano da una resa della realtà per analogia, ossia per somiglianza figurativa e perviene alla rappresentazione della totalità mediante la costruzione di forme che conservino un valore autonomo rispetto alla relazione con il tutto. Si sviluppa così un sistema formale molto rigoroso dove il rapporto tra la linea verticale e la linea orizzontale e l’interruzione delle linee stesse costituiscono la parte  invariante del sistema mentre la relazione tra i contrari varia sempre.

Per comprendere pienamente l’alto valore e al contempo la complessità della ricerca di Mondrian si citano alcuni esempi che ne illustrano l’evoluzione.  Al periodo “naturalistico” si ascrive Albero solitario (1906-1907) dove è già presente il valore preminente attribuito alla costruzione dei rapporti; nell’opera si nota l’accentuata verticalità del soggetto che Mondrian ottiene duplicando l’albero in direzioni opposte: svetta verso l’alto e si proietta verso il basso, sfruttando l’opportunità costituita dal motivo reale del rispecchiamento nel fiume. Si configura così un rapporto di opposizione ed equilibrio realizzato lungo l’asse verticale che avviene però tra contrappesi orizzontali, ben visibili a metà dipinto, dove la terra si estende da sinistra a destra congiungendo le estremità della tela.

In Facciata blu (1914) Mondrian rivela una nuova e dinamica articolazione delle forme e conferisce un maggiore valore costruttivo al colore; quest’opera fa parte di una serie di dipinti basati sull’osservazione in un cantiere a Parigi di pareti murarie scoperte dall’abbattimento di edifici adiacenti; le ampie campiture geometriche di colore derivano appunto dall’ispirazione tratta dalle pareti emerse alla luce. Composizione n. 10 in bianco e nero. Molo e oceano (1915) dipende da un soggetto naturale, visto che si tratta della restituzione, in termini del tutto astratti, di un motivo offerto dalla costa vicino a Domburg: il protendersi dei moli nelle acque dell’oceano. Mondrian è attratto dalla suggestione che vi legge: il rapporto tra l’opposizione della verticale del molo, che dritto si proietta nel mare, e l’orizzontalità procurata dal movimento delle onde. Nell’opera in basso al centro si scorge ancora la traccia del molo nella gruppo dei segmenti verticali mentre attorno, con misure e densità diverse, si sviluppa il rapporto oppositivo tra gli elementi discontinui verticali e orizzontali. L’artista neutralizza tali opposizioni in un tutto equilibrato.

I risultati più avanzati si hanno in opere come Tableau I. Composizione con nero, rosso, grigio, giallo e blu (1921)  e nelle successive, dove Mondrian individua i piani attraverso l’articolazione di linee rette nere. L’opposizione ortogonale da un lato con la sua assoluta regolarità esprime l’immutabilità del rapporto e dunque l’universale, dall’altro, variando nella sua articolazione in ogni opera e generando così rapporti di proporzione sempre diversi tra i piani, esprime l’individualità; la relazione tra i due valori rispecchia l’idea mondrianea dell’universalità come punto di equilibrio tra rapporti in continuo divenire. Nell’opera l’artista pone nelle estremità i piani colorati, per evitare influenze reciproche tra colori. Ciascun colore è individuo e i non colori (il nero e il grigio) generano dei piani neutri che si interpongono e frenano ogni possibile percezione illusoria di profondità; inoltre protagonista assoluto dell’opera è il ritmo. Non esiste un centro del dipinto, è abolita ogni simmetria e il formato rettangolare del quadro accentua la messa in crisi dell’equilibrio; ma esso è riconquistato con i rapporti tra i piani colorati che ristabiliscono, per altre vie, l’unità infranta (cfr. S. GALLO, G. ZUCCONI, 2002).