ARTICOLI REDAZIONALE

23 MAGGIO 1992 LA STRAGE DI CAPACI

“La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’ indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.” – Paolo Borsellino-

Il 23 maggio del 1992, mentre il Parlamento Italiano era impegnato nelle elezioni che avrebbero portato alla Presidenza della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, a Palermo, all’altezza dello svincolo autostradale per Capaci, più di quattrocento chili di tritolo facevano saltare in aria le auto sulle quali viaggiavano il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della sua scorta.
A distanza di 25 anni dalla strage di Capaci non si può non ricordare il gesto eroico di chi, come il giudice Falcone e il suo compagno nella lotta contro la mafia Paolo Borsellino, ha svolto il suo lavoro in nome della Legalità con coraggio, rifiutando di essere complice di un sistema mafioso.
Celebrare Falcone e Borsellino come eroi è giusto e doveroso, ma non bisognerebbe tralasciare la loro umanità, che nulla deve ad un eroismo mitico e al di fuori dell’ uomo. Oggi, a distanza di 25 anni è più giusto ricordare Falcone e Borsellino come uomini fatti di carne e ossa, con tutte le paure che la condizione umana cela, che hanno continuato a svolgere il loro lavoro pur sapendo di essere “cadaveri che camminano”.
Se la lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale, come diceva il giudice Borsellino, allora oggi celebriamo la loro umana onestà, il loro coraggio umano, la loro umana fermezza nel combattere l’ illegalità, perché soltanto ricordando che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano uomini come noi, ci sarà più facile riconoscerli come veri esempi da imitare e non solo celebrarli come eroi irraggiungibili in un paese lontano come la Sicilia, perché la Sicilia non è poi un paese così lontano da non riguardarci personalmente.