IL COMMENTO Notizie

Le sorti di un Paese

Di questi tempi, oscuri, molto oscuri, trovare una persona, un uomo di diritto, che si preoccupa di non distruggere cosa c’è rimasto di buono nel nostro paese o che andrebbe recuperato dal passato, è cosa assolutamente rara, soprattutto se esercitata con onestà e disinteresse.

Faccio solo qualche considerazione. La prima, è che non riesco a capire dove pensano di portare il Paese, una nutrita schiera di Messia e di uomini della Provvidenza, apparsi sulla nostra scena politica. Sarebbe utile conoscere se tra tutti questi rinnovatori e rottamatori, che il Paese ha avuto negli ultimi venti anni, ve ne sia stato qualcuno che si sia posto questa domanda: “ma dove potrebbe andare il Paese con quello che sto facendo, con quello che propongo?”

Ho il dubbio che la domanda non se la siano posta. Semmai sembra realistico pensare che se ne siano fatta un’altra: “con quello che sto facendo, dove potrei arrivare? Passerò alla storia?” Ecc. ecc.

Insomma la sorte del popolo e del paese, dei quali pure hanno sempre detto di volersi interessare, non sembrano essere al centro del loro agire, dei loro obiettivi.

La seconda considerazione che faccio, e che mi preoccupa ancora di più, anzi diciamo pure che mi terrorizza, é che dalla fine della cosiddetta prima repubblica, chiunque si sia posto come attore del cambiamento, come superatore del vecchio, ha sempre impostato il problema in questi termini: il vecchio è vecchio, soprattutto in politica, e come tale non serve più. Va semplicemente distrutto, cancellato, criminalizzato. Bisogna passare al “nuovo che avanza”  e mandare in soffitta tutto: personaggi, storie, culture politiche, ideologie e ideali; tutta roba dell’ottocento e del novecento che non serve più a nulla. 

Ora, questa marea che ha travolto tutto, trovava indubbia giustificazione agli occhi della gente, soprattutto per la corruzione che è emersa agli inizi degli anni novanta del secolo scorso, e che continua senza sosta ad emergere ancora oggi tra la classe politica, tra i gran commis di stato, tra gli imprenditori e di ogni altro ceto che si trova a contatto con la cosa pubblica o gli affari sporchi.  Come non capire il sentimento popolare di rabbia! 

Tuttavia, a fronte di tali fatti oggettivi, in tutti questi anni è montata, in una parte considerevole dei partiti, soprattutto quelli più grandi, un’ideologia, per così dire, della cancellazione della memoria. Che si è articolata attraverso operazioni di criminalizzazione di tutto ciò che è stato, senza un confronto, senza un’analisi serena ed obiettiva dei fatti e della storia, cancellando soprattutto le voci fuori dal coro. In tale operazione la stampa ha avuto un ruolo di criminale asservimento a quanti hanno portato avanti senza sosta questa operazione. L’imperativo è stato: cancellare, cancellare, cancellare ogni possibile traccia. Togliere la parola a chiunque avesse un’idea diversa.

Arrivando alla conclusione di queste brevi considerazioni, questi argomenti credo non dovrebbero far dormire sonni tranquilli a quelle voci libere che spero siano ancora presenti ed attive nel nostro Paese.

Giuseppe Filippi