Te lo dico in rima

SAN MARTINO DEL CARSO

San Martino del Carso

Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato

Giuseppe Ungaretti

 

Una delle prerogative di un’ opera d’ arte che possa definirsi classica è quella di restare attuale, di riuscire a comunicare qualcosa in chi ne fruisce al di là degli anni,al di là dei cambiamenti strutturali della società. Un’ opera d’ arte classica emoziona, vive per sempre.
Rileggendo oggi la poesia lirica di Giuseppe Ungaretti “San Martino del Carso”, scritta il 27 agosto del lontano 1916, non possiamo non scorgere in quei “brandelli di muro”, in quelle “croci”, in quel “cuore, paese straziato” i paesi marchigiani colpiti dal sisma dei giorni scorsi oppure i paesi dell’Emilia o quelli dell’Aquila, zona a noi più vicina e sempre viva nel ricordo della notte del 6 aprile 2009.
Di certo le ragioni all’origine delle macerie che ci descrive frammentariamente Ungaretti erano ben diverse da quelle delle macerie che ci troviamo di fronte oggi, in quanto egli scriveva nella devastazione della Prima Guerra Mondiale, ma la devastazione, la distruzione è la stessa che lega noi a lui in quel sentimento di strazio a cui nulla può corrispondere.
Cronista attento dello sfacelo del suo tempo, partito da volontario interventista per una guerra di cui ignorava l’essenza, Ungaretti seppe dar voce a quei sentimenti oscillanti tra vita e morte in cui si trovava a combattere assieme ad altri soldati,comparati a foglie su un albero d’ autunno, facendoli confluire nei componimenti lirici raccolti nel volume “Il porto sepolto”.
San Martino del Carso è forse la poesia che utilizzando un linguaggio veloce e fatto di parole comuni, è più rappresentativa della distruzione che la guerra porta con sé e che inevitabilmente , per analogia, devasta anche il cuore umano che non può restare indifferente all’ assenza che lasciano mura che una volta erano case, alla corrispondenza mancata di tanti che non ci sono più.
Quella dei brandelli di muro è certo l’immagine che meglio in tutta la lirica evidenzia la piccolezza, la frammentarietà delle case rimaste, frammentarietà che diventa nulla al confronto dei tanti che non hanno più la fortuna neppure di essere tanto piccoli. È con l’avversativo “ma” che però il poeta dirige la sua cronaca laddove non c’è spazio per nessuna ricostruzione, nel paese più devastato e impossibile da ricostruire:il cuore in cui, al pari di un cimitero, nessuna croce manca .
Credo sia giusto fermarsi a riflettere sul ruolo dell’ uomo nella distruzione sia di San Martino del Carso sia dei nostri paesi del centro Italia:da un lato lo vediamo ingegnere artefice di quella guerra che il 27 agosto 1916 aveva distrutto il paese di cui Ungaretti porta le croci in petto e dall’ altro oggi lo vediamo ingegnere incapace di costruire mura che non diventino brandelli a causa di una natura da cui non ci si sa proteggere.

Laura Pompilio