IL COMMENTO

Libertà, giustizia e identità nazionale

di Giuseppe Filippi

Tra i valori cardine della Costituzione, vorrei approfondirne tre: la libertà del cittadino, la giustizia intesa come equità, l’identità nazionale intesa come protezione dei cittadini da parte dello Stato.

La libertà del cittadino ha contraddistinto le battaglie di tanti uomini valorosi e di intellettuali che hanno immolato la loro vita alla causa ed al trionfo di essa sopra ogni cosa. Basti ricordare un nome per tutti: quello di Giordano Bruno, del quale quest’anno cade il 418° anniversario della condanna al rogo da parte dell’Inquisizione romana. La libertà intesa come sogno e ideale agognato in ogni tempo dall’uomo; dagli schiavi gettati a combattere nel Colosseo, contro i leoni, fino ai moderni schiavi delle multinazionali, senza scrupolo, che sfruttano masse sconfinate di bambini per i lavori più immondi che sono fatti su questa terra, in angoli del mondo dove i diritti sono una parola sconosciuta ai più.  La libertà, quindi, come anelito dell’uomo verso una condizione di libera affermazione della propria personalità, come il riscatto da ogni violenza per l’affermazione dei diritti inviolabili della persona. Del resto, il primo articolo della nostra Costituzione afferma uno dei diritti che da solo vale gran parte della libertà e della dignità degli uomini: il lavoro. Infatti, è su questo valore che si basa la nostra Repubblica. E’ proprio attraverso il lavoro, come diritto, che si è inteso dare al valore della libertà un senso compiuto della dignità della persona umana. Ma oggi, il cittadino come avverte il diritto alla libertà, o meglio, alle libertà? Che cosa apprezza maggiormente dei vantaggi di essa? Ma soprattutto, come esercita il diritto alle libertà che la Costituzione sancisce? Negli ultimi anni vi è stata, per così dire, una sorta di convergenza delle persone verso le libertà individuali a scapito di quelle esercitate collettivamente. Con l’avvento della rivoluzione informatica, le persone hanno improvvisamente conosciuto un mondo che si metteva “in rete”. Hanno potuto apprezzare la possibilità di conoscere in tempo reale i fatti che accadevano in ogni angolo del mondo (Il diritto all’informazione libera). Hanno scoperto la possibilità di accedere ad un numero sconfinato di banche dati on-line dalle quali attingere conoscenze, dati e possibilità anche di formazione a distanza. Soprattutto i giovani, hanno scoperto la possibilità, e dunque la libertà, di studiare all’estero, grazie ai fondi del progetto Erasmus, finanziato dall’Unione Europea. Hanno conseguentemente avuto maggiori possibilità di conoscere le lingue di altri paesi e di trovarvi anche opportunità di lavoro (Si conta che circa 300.000 giovani italiani siano andati a lavorare all’estero). Nell’ambito dei diritti civili, il matrimonio tra uomo e donna è diventato sempre più un’unione precaria, insidiata dalla società dei consumi e dell’apparire, dalla voglia del divertimento facile e dall’egoismo, favoriti dalla società del benessere che questo paese ha conosciuto a partire dagli anni ’60 del secolo scorso. Si è arrivati alle unioni di fatto e al matrimonio tra persone dello stesso sesso, per non parlare poi dell’adozione di bambini da parte di queste stesse coppie, con buona pace per la distinzione naturale tra la figura del padre e quella della madre. Possiamo che negli ultimi decenni si sono sviluppate molto le cosiddette libertà individuali, i diritti civili, ma poco le libertà collettive, quelle che fanno sentire l’appartenenza ad un popolo, ad un paese, a una nazione. Ciò ha creato inesorabilmente un vuoto nella coscienza collettiva.

L’altro tema della giustizia, intesa come equità, è quello che più si sta avvertendo negli ultimi tempi, come un abbandono dei più deboli da parte dello Stato. In un mondo dove l’un percento della popolazione detiene il novanta percento delle ricchezze, è chiaro che c’è un tema di giustizia sociale e di redistribuzione delle ricchezze, per non parlare di sfruttamento dissennato delle risorse del pianeta a tutto discapito delle popolazioni più povere della terra. Ma i temi dell’equità e della giustizia si legano indissolubilmente con quello della libertà. Infatti, come può un individuo sentirsi libero se non ha un lavoro decoroso, se non c’è equità nella redistribuzione della ricchezza, se non vi è una giustizia a sostegno soprattutto dei più deboli? Tutti valori che nella nostra Costituzione trovano ampia e precisa descrizione ma che nella realtà sono stati soggiogati dal potere economico che li riduce sempre più a mera enunciazione, che, con la delocalizzazione delle produzioni verso i paesi più poveri, crea scompensi e panico nelle persone, le quali non riescono più a trovare punti fermi che diano stabilità alle loro esistenze. Occorrerebbe porsi l’interrogativo che si è posto il Professor Sabino Cassese in un suo splendido scritto: “Chi governa il mondo”. Ma questo potrà essere il tema di un futuro intervento. E soprattutto, dovremmo ricordarci sempre del vecchio adagio di Pietro Nenni: “Le idee camminano sulle gambe degli Uomini”. Questo perché se si vuole intervenire fattivamente per correggere le distorsioni di una società, non basta denunciarne le storture, occorre attivarsi concretamente, occorre agire, organizzarsi e agitare con forza il tema fondamentale che deve essere sempre al centro dell’azione degli stati: l’Uomo.

L’identità nazionale e le paure dei cittadini. Dicevo prima dell’appartenenza ad un popolo, ad un paese, ad una nazione. Tutti richiami e concetti che, nel corso degli ultimi anni, sono andati via via scemando, fino a far ritenere, da parte di alcuni, che ormai non esistono più e che forse addirittura non servono. Oggi ci troviamo a dover riaffrontare i temi della società in una situazione assai simile, per certi versi, a quella che Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) analizza e descrive nella sua opera più famosa: “Il contratto sociale”, pubblicato nel 1762. Già in questa opera il filosofo svizzero denunciava come i rapporti sociali erano basati sulla forza anziché sul diritto, quale regolatore dei rapporti tra i cittadini e tra essi e lo Stato. E’ evidente che per avere una siffatta tutela, lo Stato deve essere presente, deve essere padre e non nemico dei propri cittadini. Nel contempo, i cittadini devono trovare la loro stessa forza unendosi in società civile, che li tuteli, ma che al contempo li mantenga liberi. Sebbene siano passati tre secoli, oggi i cittadini si trovano a dover fronteggiare le insidie della globalizzazione e l’assenza di uno Stato diventato ormai etereo e spesso succube involontario delle politiche europee e dei grandi gruppi finanziari che operano su scala globale. Ma questa tendenza, incarnata essenzialmente dalla globalizzazione, dove ci ha portato? Quali esiti ha prodotto sulle persone, soprattutto quelle più deboli, quelle non inserite socialmente e senza alcuna protezione? Hanno portato al rigetto, ad esempio, dell’Europa e dell’euro così come sono, alla paura degli immigrati, alla insicurezza dei cittadini per una scarsa tutela dalle violenze compiute quotidianamente nelle nostre città e nelle nostre case. In tale situazione hanno trovato terreno fertile i cosiddetti movimenti populisti di tutta l’Europa: in Italia è Stato incarnato dalla Lega e dal Movimento cinque stelle. I loro richiami alla difesa dell’Italia, degli italiani, dei confini territoriali e addirittura dell’identità razziale, hanno costituito il loro mantra. Le loro parole, i loro messaggi sono avvertiti dalla gente, anche se sono difficili da condividere, come una soluzione. Bisogna fare attenzione e non sottovalutarli. Le paure inducono ad un richiamo ancestrale, al desiderio di protezione, ad un conforto, alla necessità di rassicurazione di cui tutti gli esseri umani hanno bisogno. Come dire che dal grembo materno non ci si stacca mai, e lo Stato questo dovrebbe saperlo.