SALUTE

Sora – Scompenso cardiaco e Global Health, le nuove frontiere

Si è conclusa nella mattinata di sabato 18 novembre, la due giorni congressuale Ciociaria Cuore 2023, ma la centralità delle tematiche affrontate continua a riflettere la sua eco. Questa XVII edizione è stata ospitata nelle sale del Comune di Sora: i lavori del congresso, si sono svolti nel Palazzo della Cultura, mentre la Cerimonia inaugurale ha avuto luogo nella Sala Consiliare del Palazzo comunale in Corso Volsci. Con la presidenza del prof. Francesco Fedele, il Congresso è stato organizzato dalla segreteria scientifica composta da Valerio Pecchioli, Maria Paola Gemmiti, Maria Pia Corsi, Nazzareno Lomartire e Chiara Basile, ed ha visto avvicendarsi nell’offrire il proprio contributo scientifico, esperti in Cardiologia provenienti dal territorio e da tutta Italia. Al centro dell’attenzione dei relatori, lo scompenso cardiaco e la nuova frontiera della Global Heart.

Il focus della sessione inaugurale del congresso è fissato sulla Global Health, area multidisciplinare e transnazionale di studio, ricerca e pratica che ha come priorità il miglioramento della salute ed il raggiungimento dell’equità nel diritto alla salute per tutte le persone del mondo.

Si è parlato poi della Digital Health nell’insufficienza cardiaca, una condizione complessa che richiede un monitoraggio costante, ma ci troviamo di fronte ad una trasformazione digitale storica: la Digital Health ha introdotto nella pratica clinica dispositivi weareble, app per smartphone e sistemi di telemedicina per raccogliere, condividere ed analizzare dati sulla salute, in tempo reale.  Tutto questo consente diagnosi più tempestive ed accurate, riducendo il rischio di complicazioni e di ricoveri in ospedale. I pazienti sono coinvolti attivamente nella gestione della loro salute, grazie al monitoraggio dei propri dati vitali e al feedback immediato. Una vera rivoluzione nella gestione dell’insufficienza cardiaca. Con l’impegno di tutti gli attori coinvolti, è possibile superare le sfide e rendere queste tecnologie accessibili a tutti i pazienti che ne hanno bisogno.

Al congresso, che ha visto la partecipazione, in qualità di moderatrici, di Livia Azzariti, medico e divulgatrice medica italiana, e di Cristina Autore, giornalista ed influencer, hanno partecipato anche tanti giovani studenti di Medicina, che hanno potuto confrontarsi sulle tematiche oggetto di studio, pronti ad affrontare le nuove sfide delle scienze mediche.

Tanti i professionisti convenuti per offrire sempre nuovi sviluppi di questa disciplina. Valerio Pecchioli, UOSD Prevenzione Cardiovascolare, ASL di Frosinone, riferendosi allo scompenso cardiaco, lo ha identificato come “la patologia massima, a cui un soggetto che ha tante altre patologie (che possono andare dalla malattia coronarica alle cardiomiopatie, alle malattie aritmiche) può andare incontro. Una malattia multifattoriale, che affrontiamo con diversi aspetti. Guardiamo la parte dedicata alla diagnostica, che non può essere scevra di nuove tecnologie come la risonanza magnetica, l’angiotac coronarica, ma anche altri aspetti che forse queste tecnologie necessitano come supporto, come anche la genetica. Ognuno di noi ha un proprio profilo genetico, ma noi dobbiamo andare a ricercare quelli che questo profilo genetico lo hanno mutato. Anche nell’ambito della ipercolesterolemia, nella malattia coronarica stessa, ma soprattutto nelle cardiomiopatie, la genetica può aiutare nella diagnosi”.

Francesco Fedele, professore ordinario I Cattedra e direttore Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare, Università La Sapienza di Roma, ha definito lo scompenso cardiaco come “l’epidemia non trasmissibile dei nostri tempi. Quasi tutte le patologie cardiovascolari portano allo scompenso cardiaco, cioè all’incapacità del cuore di pompare in maniera adeguata. È una situazione non semplice, complessa, progressiva, tanto che noi da tempo lo paragoniamo a quello che può essere il cancro, cioè la patologia oncologica, perché parte dal cuore ma poi va a compromettere rene, fegato, l’apparato nervoso, l’apparato emopoietico… quindi ci vuole un approccio integrato, multidisciplinare. Bisogna capire quello che ha il nostro paziente, l’eziologia, cioè la causa che porta all’insufficienza cardiaca, seguirlo nel tempo per adeguare la terapia, data da farmaci adesso molto potenti e innovativi, e dai device”.

Giuseppe Ambrosio, ordinario di Cardiologia dell’Università di Perugia, ha ricordato che “le malattie di cuore, in generale, sono tuttora la prima causa di morte nei Paesi occidentali. Diamo anche un messaggio, che serve a smentire un luogo comune molto diffuso, che le donne ne soffrono come gli uomini, forse anche di più. Non è vero che le malattie di cuore siano appannaggio tipico del sesso maschile e che le donne siano protette. Purtroppo questo è un luogo comune ma non risponde alla verità. La principale causa di malattia è la cardiopatia ischemica, cioè le varie condizioni per le quali arriva poco sangue al cuore, e che possono dare una serie di complicazioni anche gravi, anche mortali, dall’infarto miocardico, allo scompenso cardiaco, alle aritmie. Ci sono vari modi in cui la mancanza di sangue al cuore si può manifestare, ed è sempre una situazione abbastanza grave”.

Maria Pia Corsi dell’UOC Cardiologia dell’Ospedale SS.ma Trinità di Sora, ha illustrato quanto di concreto rappresenti la Global Health: “Proprio nell’ottica di questa nuova epidemiologia, abbiamo progettato uno studio di malattie cardiovascolari in Africa, in Tanzania, in particolare sull’isola di Pemba. Qui abbiamo sviluppato la possibilità di utilizzare la telemedicina per la diagnosi di malattie cardiovascolari portando un elettrocardiogramma, che può essere refertato a distanza in un posto dove non ci sono medici specialistici. Lo studio è stato molto importante perché abbiamo scoperto tante patologie ed abbiamo capito che la telemedicina si può utilizzare per aumentare l’accesso alla salute di popolazioni che non vedono mai medici”.

Martina Brero, specialista in Etica Applicata e Salute Globale si è occupata di “uno studio antropologico sulle determinanti sociali per cui le donne incinte non vanno a fare le visite prenatali e sono emersi dati molto significativi. Abbiamo scoperto che lì le donne vanno a fare la prima visita prenatale al sesto mese di gravidanza, fanno una media di cinque visite prenatali durante tutta la gravidanza e purtroppo su questo incidono fattori educativi, sociali, economici quindi la situazione è piuttosto complessa”.

Giuseppe Germanò, professore a contratto, specialista in Cardiologia, in Medicina Interna ed in Geriatria ha parlato di ipertensione. “Innanzitutto è un fattore di rischio, cioè chi ha la pressione alta non è malato, ha un fattore di rischio che deve controllare ma poi l’ipertensione potrebbe portare un danno che può essere cardiovascolare, renale, cerebrale. Uno che è iperteso può benissimo controllare l’ipertensione arteriosa e non compaiono quindi le malattie. Diventa malattia quando il cuore, il cervello ed i reni cominciano ad avere problemi perché la pressione è alta. Il cuore ha più difficoltà a spingere il sangue con una pressione più alta e lo stesso discorso vale a livello renale e a livello cerebrale. Succede che avere la pressione alta fa andare avanti anche il colesterolo, aumenta la possibilità di fissarlo sulle arterie e quindi una maggiore facilità di danno anche di tipo arteriosclerotico. Bisogna impegnarsi per far scendere questi valori e diminuire il fattore di rischio”.

Un approccio dunque multifocale e multidisciplinare sulle problematiche legate allo scompenso cardiaco, partendo dalla prevenzione: un corretto stile di vita e gli sviluppi della medicina, possono rappresentare un valido aiuto nell’arginare il rischio di incorrere nelle patologie cardiache.