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SERVE UNA NUOVA CLASSE DIRIGENTE PER FAR RIPARTIRE IL PAESE

Di Giuseppe Filippi

Prima che le elezioni si svolgessero, era stato facile fare previsioni sugli esiti del voto. Altrettanto facile era prevedere la paralisi che si sarebbe determinata alla luce della legge elettorale con la quale si è votato. Legge fatta apposta per non consentire a nessuno dei contendenti di governare da solo il Paese. E fin qui, diciamo che tutto era scontato.

Il voto ha visto l’exploit del Movimento 5 Stelle, l’affermazione, come primo schieramento, del Centro Destra e il fatale tracollo del PD di Renzi. I due gruppi che hanno vinto (Di Maio e Salvini) si sono trovati al centro di una situazione senza precedenti: due populisti, anche se di differente segno, sono stati premiati dagli elettori con il compito di dare un governo al Paese. Hanno tentato in circa 60 giorni di trovare un accordo per formare un governo, ma non ci sono riusciti, essenzialmente per due ragioni: la prima, perché hanno impostato le loro azioni esclusivamente su chi dei due dovesse essere il Presidente del Consiglio, dunque una lotta secca per il potere; la seconda è che non si creano alleanze politiche e di governo se non si hanno valori e principi solidi su quella che è una democrazia parlamentare quale è quella italiana.

Hanno pensato che con i voti ricevuti dagli elettori avevano, congiuntamente, ricevuto anche l’investitura a formare il governo. E’ stato un errore fatale, dovuto a superficialità, se non addirittura ad ignoranza. Vi è stata inoltre arroganza, essendosi sentiti investiti anche di un potere capace di sterilizzare il Parlamento, di considerarlo un semplice tribuna alla quale dare disposizioni per le alzate di mano. Una chiara manifestazione del dispregio che provano per le istituzioni della democrazia rappresentativa, peraltro per quella più alta in grado tra quelle che il popolo può eleggere. 

Come se tutto questo non bastasse, Renzi ha imbrigliato i suoi più fedelissimi parlamentari a tenere un atteggiamento di distacco dal dibattito politico, negando qualsiasi forma di dialogo con gli altri due fronti parlamentari. Ciò ha determinato una spaccatura ulteriore nel partito, ma cosa assai più grave per la prima volta un partito riformista italiano, almeno tale dovrebbe essere il PD, si è autoescluso dal confronto politico non tenendo in alcun conto il senso di responsabilità che la situazione richiedeva.

Dunque, quella che abbiamo avuto modo di vedere all’opera è una classe politica senza alcun senso di responsabilità, né senso dello stato e, cosa ancora più grave, votata al tanto peggio, tanto meglio. Lotteria migliore gli italiani non potevano vincere! E’ evidente che così il Paese affonda perché non riesce a ripartire, ad assumere iniziative di rilancio delle tematiche sociali, politiche, economiche ed internazionali.  

Ora, dopo tanto penare, si pensa che la soluzione sia una nuova legge elettorale con doppio turno, tale da determinare comunque un vincitore alle elezioni. In tal modo, ci potremmo anche trovare di fronte ad una forza politica che con il 30-35% potrebbe assumere il 100% del potere. Ma, fatto ancora più preoccupante, come si sa con tale legge il probabile vincitore sarebbe il centro destra che, allo stato attuale, è una galassia di formazioni partitiche grandi, piccole e piccolissime. Ciò dovrebbe far tornare alla mente cosa successe quando venne introdotta la preferenza unica e l’uninominale di collegio, quale caos si determinò all’interno dei gruppi parlamentari, quali e quante rivendicazioni di posti di potere, quanti abbandoni e cambi di casacche ci furono. Questo ricordo avrebbe dovuto insegnare che se non si riparte dalla cultura politica, dai valori che ogni formazione politica deve avere, dalla affermazione di principi condivisi dalla maggioranza ampia dei cittadini, non si va da nessuna parte. Ogni eletto si sente, ed è, totalmente deresponsabilizzato, pensa a tutto fuorché al bene del Paese, alla dignità che questo deve avere, sia verso i propri cittadini che verso la comunità internazionale. Di tutto ciò sino ad oggi non abbiamo visto nulla e siccome, molto probabilmente,  i musicanti che avremo dopo le prossime elezioni non cambieranno, gli italiani avranno scarse possibilità di vedere qualche statista, degno di questo nome, salire sugli scranni parlamentari.  

Il bandolo della matassa ora sta nelle mani accorte, anche se disperate, del presidente Mattarella, che si dovrà muovere con cautela, equilibrio, saggezza e astuzia tra questi parvenue della seconda repubblica, con la speranza di salvare una situazione drammatica. Anzi stupisce che un esperto economico di altissimo livello come Carlo Cottarelli (l’uomo della spendig revieu), non appena sentitosi in odore di investitura come Presidente del Consiglio, si sia affrettato a dire che la situazione del nostro Paese non è disperata! Chissà se avesse dovuto dare un giudizio come Advisor esterno, come un giudice terzo, cosa avrebbe detto? Quelli che abbiamo, sono politici che gareggiano nella competizione elettorale come chi spara nel campo di tiro al volo, vince chi abbatte più piattelli. Sono politici che vivono la politica come i tifosi di calcio al bar dello sport, attaccandosi e insultandosi, altroché statisti con il senso della storia. Appaiono come dei nani che ignari credono di giocare a basket in un luna park.   

Da anni ormai i politici e i leader di partito non parlano più con la gente, non l’ascoltano. Tramite le televisioni credono di parlare direttamente ai cittadini e così non ascoltano più neanche i loro pochi iscritti, quelli che sono rimasti dentro i partiti nella speranza di poter far sentire la propria voce. 

Tuttavia, il grave deficit della classe dirigente italiana non si limita purtroppo alla sola classe politica che dovrebbe rappresentare il punto più alto e di maggior valore. Riguarda anche tutti quei cittadini che ai vari livelli dirigono imprese e istituzioni, private e pubbliche. Ne sono un esempio del decadimento della qualità: i giornalisti, gli intellettuali che per la maggior parte sono distratti o assenti dal dare un fattivo contributo al rilancio del Paese. Dobbiamo prendere atto che, sebbene ve ne siano moltissime di competenze ed energie fresche nel Paese, da sole non bastano. Se non sono messe in sinergia e fanno sistema tra di loro, se non si ritorna a farle diventare parte di una rete virtuosa che abbia a cuore il bene del Paese, non si riparte. Occorre motivarle, addestrarle nel formarsi una visione d’insieme del Paese e della sua collocazione nel contesto internazionale. Abbiamo bisogno di far prendere coscienza a tutta la classe dirigente del Paese che senza grandi valori, le competenze tecniche si potrebbero perdere in un bicchiere d’acqua. Soprattutto, occorre far capire che rimanendo nel proprio esclusivo ambito di competenze, senza guardare a tutto tondo la realtà, ci condanniamo tutti all’isolamento e all’arretratezza nel confronto con gli altri paesi.

E’ per queste ragioni che i rottamatori e i populisti non ci servono a nulla. Sono semplicemente portatori di distruzione e di tensioni sociali, incapaci di creare nulla di alternativo a quello che intendono abbattere. Per questo dobbiamo avviare una nuova fase della vita del Paese, da affrontare a viso aperto, ben sapendo che sarà piena di ostacoli, di pericoli e insidie. Ci vogliono coraggio, volontà e ottimismo.