COMUNE

SORA – 75°ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE – Il DISCORSO DEL SINDACO ROBERTO DE DONATIS ALLA CITTÀ

La festa del 25 aprile vedeva fino all’anno scorso, una cornice di rappresentanze, una cornice solenne, che si è voluta preservare con una breve celebrazione, contingentata nel rispetto delle regole. Ma ancor di più in questo momento, sento il dovere di esprimere alla comunità intera qualche riflessione in merito alla festa, quella del 25 aprile che già dal nome fa scaturire tutta una serie di considerazioni che oggi, nell’epoca della pandemia così restrittiva rispetto alle nostre libertà personali, diventa ancor di più importante parlare di quella liberazione ed attualizzarla al significato che può assumere oggi. Quella liberazione, fu la liberazione dal nazifascismo con una lunga azione delle componenti più sane della nostra società, attraverso quel movimento chiamato Resistenza. Mai come oggi la parola “resistenza” assume un significato ancora più particolare che travaglia il momento del ricordo e diventa più fragorosa ed attuale. Oggi uno dei termini più in voga è la “RESILIENZA” ossia la capacità, l’attitudine, di una comunità o di un soggetto, in questo caso dell’intera comunità, di tirare fuori le doti migliori per superare le difficoltà di questo momento storico. Ma le difficoltà diventano ancora più dure se non abbiamo la consapevolezza della storia di chi ci ha preceduto. Della storia di quella generazione che oggi, a 75 anni dalla Liberazione dell’Italia dal dominio nazista-fascista, diventa l’elemento che lega quella capacità di resistere che tradizionalmente, storicamente il popolo italiano, la nostra comunità, ha tirato fuori nei momenti difficili e che oggi, ancora una volta, deve essere portata ad esempio per noi e per le generazioni future. Quella generazione, sfollata durante i terribili mesi della ritirata nazista sui monti, sotto i colpi delle forze alleate, con l’aiuto chiaramente della Resistenza Partigiana, viveva un momento estremamente difficile. I racconti dei genitori della mia generazione: i nati tra il 1925 e il 1938/40, persone che hanno una memoria vivida di quei momenti, quando anche un piatto prelibato poteva essere le bucce di patate, o dell’erba. Questi sono i racconti di gravissima difficoltà che ci riportano in qualche modo, con le debite distanze, a quello che oggi può essere un momento di resistenza, un momento in cui la pressione psicologica ma anche la difficoltà legate alle condizioni economiche e sociali lo rendono particolarmente duro. In un momento delicato in cui abbiamo visto venir fuori quello spirito di solidarietà e coesione che produce sicuramente effetti positivi, come accadeva, allo stesso modo settantacinque anni fa. Chi stava un pochino meglio non esitava a tendere la mano a chi stava peggio. Questa pandemia del COVID 19 sta colpendo soprattutto quella generazione che parlava ai propri nipoti: i nonni che hanno spiegato prima ai loro figli poi ai nipoti, cosa ha rappresentato resistere nel momento duro, difficile che la nostra generazione, oggi vive una parvenza di difficoltà e dalla quale possono scaturire ulteriori difficoltà alle quali guardiamo in prospettiva futura cercando di stimolare nella nostra comunità, nella nostra gente, le migliori qualità per superare queste complicazioni e quelle che potranno venire. Ecco perché la festa del 25 aprile, della Liberazione assume un significato oggi ancor più profondo. Un 75° anniversario che impone un esame di coscienza individuale e collettivo rispetto a quelli che sono gli esempi, la forza, le virtù, i valori che unicamente possono invertire la rotta di un mare in tempesta: solamente tutte queste azioni che provengono dalla parte sana della nostra società sono in grado di portarci fuori dal mare tempestoso. Consentitemi di dire che le generazioni dei nostri padri, dei padri dei nostri padri, dei nostri avi, quella che nel ‘900 hanno tirato fuori i nomi illustri nell’arte e che rappresentano anche un baluardo rispetto all’ignoranza e alla superficialità di chi vorrebbe che il Tricolore fosse un simbolo di parte. Il Tricolore è un simbolo trasversale che unisce la comunità intera, non ha appartenenza a una matrice ideologica o ad un’altra. E’ la sintesi perfetta dei valori che sono nella Costituzione e di quei valori sui quali i Padri della Costituente hanno fondato la nazione di oggi. In questa democrazia ognuno è libero di esprimere ogni concetto, nella correttezza dei rapporti, nella consapevolezza che la liberà di ognuno finisce quando inizia quella del prossimo. Uomini come il grande artista Pablo Picasso, che nella Parigi occupata dai nazisti ricevette un gerarca nazista che osservava “Guernica”, un dipinto gigantesco di 7mt per 3mt in cui l’artista descrive un bombardamento del villaggio spagnolo, il gerarca non riusciva a capire la simbologia cubista utilizzata dal grande Maestro e affermava che il dipinto era brutto non sapendolo nemmeno spiegare. Picasso rispose che quella bruttezza l’avevano fatta loro. Ecco la sensibilità di un animo nobile, di un’artista che guarda al bello come strumento salvifico dell’umanità al contrario di chi ha solamente un’ideologia basata sulla distruzione. La stessa si vede nel capolavoro del nostro Maestro Vittorio De Sica “Il giardino dei Finzi-Contini”, in cui si descrivono le peripezie, le vicende di una famiglia ebrea italiana che si trova in difficoltà dopo la promulgazione delle leggi razziali. Proprio quel De Sica che avendo avuto, durante la guerra, incarico dal Vaticano di una produzione cinematografica, coglie quella opportunità per mettere in salvo come comparse, decine e decine di giovani e meno giovani ebrei per sottrarli alla deportazione. Ecco un filo conduttore che mette insieme esperienze diverse, fatte di tanti altri anelli di questa catena che oggi noi ricordiamo come esempi di eroismo quotidiano per mandare avanti la famiglia in un momento gravissimo: tutto questo patrimonio poi è travasato nelle leggi, negli articoli della Costituzione che è un meraviglioso testo non solo giuridico ma soprattutto etico e morale: sono tutti i valori che dobbiamo consegnare alle generazioni future ai nostri ragazzi che io, ogni 25 aprile nel momento di riflessione condiviso insieme alla mia comunità, vedo troppo spesso assenti; forse oggi con il mezzo e lo strumento telematico della comunicazione digitale è facile raggiungerli. A loro parlo, perché a loro appartiene non solo il futuro, ma anche il patrimonio di idee di valori condivisi che sono la nostra storia, la nostra Costituzione, il nostro Tricolore e tutto quello che esso rappresenta per il Paese. Buon 25 aprile a tutti. W l’Italia e viva l’Italia libera da qualsiasi oppressione.