ARTICOLI PILLOLE DI ECONOMIA

STORIA DELLA SPESA SOCIALE E LOTTA ALLA POVERTÀ

di Claudio Migliardi

Riflessioni sul sistema assistenziale.

Nel 1998 l’economista indiano Amartya Sen fu insignito del premio Nobel per l’Economia per i suoi contributi sull’economia del benessere, la teoria di scelta sociale, gli studi sulla carestia e per la definizione di povertà.

In estrema sintesi egli definì la povertà come la limitazione di capacità e funzionamenti – ciò che gli individui riescono a fare o a essere – e non dei beni o dei servizi a cui hanno accesso. Questa idea si rifletteva nella domanda ricorrente se la soglia di povertà sia assoluta, ovvero soddisfa i requisiti di base, o relativa ovvero quanto si guadagna o che reddito si percepisce.

Dopo 21 anni il premio Nobel per l’economia torna a riconoscere merito a chi si è occupato della stessa tematica. 

È stato assegnato congiuntamente agli economisti Abhijit Banerjee, Esther Duflo e Michael Kremer per il loro approccio sperimentale nella lotta alla povertà globale.

I tre economisti di nazionalità indiana, francese e americana con le loro ricerche hanno considerevolmente migliorato la nostra abilità di lottare contro la povertà.  

Ma facciamo delle riflessioni più ampie con una breve analisi storica.

Nei Paesi ad alto reddito metà della spesa pubblica è destinata alle prestazioni sociali e al “welfare”.

Storicamente una percentuale così elevata risale agli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso.

La storia della spesa sociale è tuttavia ben più lunga. 

Nel XVI secolo, il sistema assistenziale inglese prevedeva tre categorie di poveri: i poveri “meritevoli”, ovvero gli anziani, i giovani e i malati; i disoccupati “meritevoli” ovvero desiderosi di lavorare ma incapaci di trovare un impiego; e i poveri “immeritevoli” ovvero i mendicanti, considerati dei reietti della società.

Difatti alle prime due categorie venivano dati cibo e denaro, mentre i mendicanti venivano trattati come criminali.  

Gli economisti britannici David Ricardo e Thomas Malthus chiesero l’abolizione del sistema assistenziale sostenendo che l’elemosina affievolisse lo stimolo a lavorare.

Con l’industrializzazione cambiò la concezione della povertà e nel XVIII secolo molti erano convinti che i poveri fossero i soli responsabili della propria condizione.

Nonostante questa visione fosse molto diffusa, nel 1848 il filosofo britannico John Stuart Mill ne offrì una alternativa affermando che l’economia si occupava solo di produzione e che la distribuzione della ricchezza era affidata alla società.

Uscendo dai confini europei, dopo il 1800 si accentuò il divario tra la ricchezza dell’Europa e il Nord America e quella del resto del mondo. La povertà è sempre stata un problema cronico dell’Asia meridionale e dell’Africa subsahariana e gli economisti hanno enfatizzato il ruolo della salute, dell’istruzione e dei sistemi di trasporto, insieme all’assistenza diretta degli indigenti per la riduzione della povertà.

Ma torniamo al contributo dei tre premi Nobel dell’economia nel 2019.

I risultati delle loro ricerche hanno migliorato enormemente la nostra capacità di lottare in concreto contro la povertà. In particolare come risultato di uno dei loro studi, più di 5 milioni di ragazzi indiani hanno beneficiato di programmi scolastici di tutoraggio correttivo.

Inoltre essi hanno introdotto un nuovo approccio per ottenere risposte affidabili sui modi migliori per combattere la povertà globale come ad esempio quello di suddividere la questione della povertà in questioni più piccole e più gestibili come ad esempio gli interventi più efficaci per migliorare la salute dei bambini.

Il loro contributo merita le più alte considerazioni sia per merito scientifico, che per merito umano e sociale.

Qualche numero sulla povertà dalla Banca Mondiale negli studi fatti nel 2008.

Secondo la Banca mondiale, dopo aver introdotto modifiche per equiparare i prezzi dei beni nei vari Paesi, la percentuale di individui nei Paesi in via di sviluppo che guadagna meno di 1 dollaro al giorno è stata ridotta dal 30,8% del 1990 al 14% del 2008. Questo calo è dovuto principalmente allo sviluppo dell’Asia orientale. 

Tuttavia, 1 dollaro al giorno è una soglia estrema; la linea di povertà è stata fissata dai Paesi in via di sviluppo a 2 dollari al giorno. Nel 2008 ben 2,5 miliardi di persone (il 37% della popolazione globale) percepivano redditi al di sotto di questo limite.

In futuro le stime sull’incidenza della povertà globale sono destinate a migliorare grazie anche al contributo di questi tre “nobili” economisti.