POLITICA

Un’Italia confusa

Di Giuseppe Filippi 

Il Paese è frastornato. Nuova legge elettorale, alleanze politiche che si decompongono, partiti di destra che si rafforzano. Renzi che si trova in affanno e Berlusconi che risorge, anche grazie al voto siciliano.

Come dovrebbero reagire i cittadini di fronte a tutto questo?

Le possibilità sono molteplici, ma quelle più probabili sono tre.

  1. Gli italiani abbandonano Renzi per il rinato Berlusconi;
  2. Non scelgono né l’uno né l’altro, e votano Di Maio.
  3. Non scelgono nessuna delle due alternative e si rifugiano nell’astensionismo, Sicilia docet!

La prima considerazione che occorre fare è che gli italiani sono stanchi e non capiscono più tutti i tatticismi dei partiti. Non riescono più a capire questo cambio continuo e scelerato di legge elettorali che si susseguono, ben sapendo che nessuna, di quelle approvate negli ultimi anni, è mai riuscita a dare un vincitore certo alle elezioni, e quindi, penseranno: perché tanta fatica per niente? E’ stata fatta una legge elettorale nuova solo per non far vincere i 5 Stelle? Un po’ poco per ridare ai cittadini la voglia di partecipare al voto e riprendere fiducia in questa classe politica.

Del resto, a questa stanchezza dei cittadini verso la politica, è automaticamente seguito l’incremento esponenziale, e non solo in Italia, dei partiti di destra e xenofobi (Lega, 5 Stelle, ecc). Era prevedibile, così come non è difficile pensare che un tale scenario politico determinerà situazioni di pericolo per la stabilità della vita democratica, in Italia e in Europa.

La seconda considerazione/domanda che occorre fare è: perché questa classe politica non riesce a recuperare un ruolo di credibilità e di fiducia nel rapporto con i cittadini? La risposta probabilmente sta nel fatto che con la morte della democrazia, così come l’avevano concepita i nostri padri costituenti, mutuandola dal modello liberale, non si riesce più a far rinascere un rapporto virtuoso tra i cittadini e la politica, e per essa, con lo Stato, il rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Questa è sicuramente la chiave di volta di tutti i problemi della contemporaneità che stanno vivendo le democrazie occidentali, e quella europea in particolare.

Il rapporto tra Stato e cittadini. Quello che oggi e rimasto è debole e spesso troppo vessatorio nei confronti dei secondi. Manca il senso identitario nel proprio paese, nelle sue istituzioni. A questa situazione ha contribuito in modo decisivo il dilagare del credo nella globalizzazione, che ha travolto sistemi economici, sociali, partiti tradizionali e sistemi di alleanze internazionali. La globalizzazione ha determinato, o se non altro, ha sostenuto fortemente, la nascita di partiti leggeri, ridotti a comitati elettorali. Ha favorito il modello di partiti alla cui guida vengono messi leader senza storia, senza alcuna esperienza significativa della vita politica, di quella vissuta intensamente tra i cittadini. Sono una sorta di uomini immagine, con la patente della novità e della giovanilità, da usare all’abbisogna, neanche fossero dei fotomodelli da utilizzare per il lancio di un capo di abbigliamento. Non hanno sostanzialmente alcuna idea del modello sociale da proporre ai cittadini né tantomeno lo discutono con loro, tanto bastano le comparsate in TV. Ormai la politica si celebra nei salotti televisivi; la partecipazione democratica dei cittadini alla formazione dei progetti politici non conta più nulla. I neo leader si preoccupano solo di sapere quanto share hanno fatto nelle trasmissioni alle quali partecipano. Tutto ciò ha portato alla cancellazione dei luoghi di aggregazione dove i cittadini dovrebbero fare politica, dovrebbero far sentire la loro voce, dare il loro contributo.

E allora la domanda da farsi è: può una democrazia così stanca e azzoppata rinascere? Può questa classe politica, che non ha alcun senso della storia, assumere un ruolo così impegnativo? In alternativa, che altre possibilità abbiamo a disposizione? Ricorrere ai padri nobili di questo Paese? Riattivare la voce degli intellettuali? Riprendere a occuparci della cosa pubblica con meno proclami altisonanti e ricominciare ad affrontare i problemi uno ad uno, con buon senso e pragmatismo nelle soluzioni? 

Si ha il coraggio di affrontare la situazione dando assoluta precedenza alla trasparenza assoluta di chi si occupa della cosa pubblica?

Si ha la coscienza che per affrontare i problemi del paese, occorre tener conto dei milioni di italiani che arrivano a fatica a fine mese, mentre ce ne sono ancora troppi che navigano tra privilegi, pensioni e stipendi non meritati? Che il sommerso ancora dilaga e troppi guadagni illeciti vengono portati allegramente nei paradisi fiscali? 

La soluzione sta nella consapevolezza della classe politica, ma soprattutto, in quella dei cittadini e della classe dirigente che quotidianamente opera, sia nel pubblico che nel privato. Perdere ulteriormente tempo significa consegnare il paese al qualunquismo e all’astensionismo elettorale.